Vladimir V. Putin e la prima guerra del futuro
Vladimir V. Putin e la prima guerra del futuro

Vladimir V. Putin e la prima guerra del futuro

Di Alessandro P.

Il libro di Short su Putin di quasi mille pagine è consigliabile. Il ritratto che Short disegna è quello di un uomo con emozioni forti, persino violente, che per la maggior parte del tempo sono rigidamente represse ma che occasionalmente esplodono con forza intensa. Questa estrema autodisciplina, riflessa nella sua carriera iniziale di sportivo, gli permise di emergere dai bassifondi di Leningrado e creò il suo reciproco attaccamento al KGB – storicamente e ideologicamente contrapposto al G.R.U., fiore all’occhiello dello spionaggio russo. 

Come ha riconosciuto lo stesso Putin, sarebbe stato molto facile per lui seguire la strada di tanti suoi amici adolescenti e finire come criminale – un ruolo in cui senza dubbio avrebbe anche eccelso. Una delle pochissime aree che Short non esamina adeguatamente è purtroppo la natura del nazionalismo di Putin – una questione di cruciale importanza per il futuro della Russia. 

Da un lato, Putin ha seguito gran parte della società russa in generale nella sua riscoperta dei pensatori russi pre-comunisti e anticomunisti; in questo senso Short rappresenta correttamente il putinismo come un “neo-monarchismo” cristiano ortodosso, noto il fatto che Putin si consideri il nuovo Alessandro III (1845-1894), ispirandosi proprio al più Reazionario e Controrivoluzionario tra gli ultimi Zar prima della Rivoluzionario. La sua ostilità verso Lenin e i bolscevichi appare del tutto sincera e, come scrive Short, il suo attaccamento all’ortodossia russa potrebbe non essere più del tutto una finta esibizione. Dall’altro lato, però, Putin ha riscoperto questo nazionalismo cristiano grande-russo marginalizzando la componente antigiudaica che ne costituiva l’essenza, al punto che furono gli emigrati russi bianchi in occidente a trasferire ai protonazisti la conoscenza dei Protocolli anziani di Sion. 

Per quanto Putin possa essere considerato tra i più Controrivoluzionari Leader politici dei nostri giorni, la guerra russa in Ucraina del 2022 – a differenza della guerra in Medio Oriente e di altri conflitti – è la prima guerra del futuro della storia; secondo il patriarca Cirillo I questa sarebbe la “guerra santa contro le lobby transgender, omosessuali e postumane occidentali” (cit  8 Marzo 2022). Mai nella storia contemporanea avevamo un fatto di simili dimensioni; vi era stata la guerra rivoluzionaria mondiale di Lenin contro le borghesie, la guerra del sangue contro l’oro (sionista e britannico) di Mussolini, la controguerra verso l’ebraismo marxista universalista di Adolf Hitler, la guerra globale di Osama Bin Laden contro i crociati giudeo-cristiani, ma mai un evento di queste dimensioni. 

In una tale prospettiva la Quarta Teoria Politica del filosofo russo Dugin (che appartiene al Rito dei Vecchi Credenti, come Solženicyn del resto) ha un profondo valore, dato che tende a integrare il nazionalismo tradizionale controrivoluzionario russo in una prospettiva multinazionale di barriera flessibile e elastica, controsovversivista, di fronte a ogni forma e manifestazione di nichilismo postumano e postmoderno nella chiara condanna di ogni forma di classismo, razzismo, xenofobismo. In una concezione pratica, dobbiamo quindi vedere nella guerra controrivoluzionaria mondiale di Vladimir Putin la reazione alla continua violenza rivoluzionarista generalizzata e livellatrice occidentale contro il cosiddetto patriarcato e contro l’uomo tradizionale bianco eterosessuale europeo e “cristiano”, che non sarebbe più degno di vivere in questo mondo. 

A differenza di pensatori o intellettuali o leader politici suprematisti, Putin sviluppa e radicalizza questo pensiero in un ambito armonico, differenzialista e multipolarista (tipico del Cristianesimo “orientale”), non universalista o razzista o giudeo-cristiano.