Poema pedagogico: un grande romanzo e una lettura obbligata per chiunque intenda interrogarsi su uno degli aspetti più importanti dell’avventura umana: essere se stessi all’interno della società.
DOMENICA 17 DICEMBRE ORE 17.00 alla Libreria Aurora presentazione del libro edito da Red Star Press – Hellnation Libri e Edizioni Rapporti Sociali: POEMA PEDAGOGICO. Interverrà :
Libreria Aurora e Edizioni Rapporti Sociali.
Due parole sul Poema Pedagogico;
Nei primi decenni del Novecento, il pedagogista sovietico Makarenko si accingeva a realizzare, nel primo Stato socialista della Storia, l’Unione Sovietica, un grande progetto educativo: la formazione dell’uomo nuovo, figlio della Rivoluzione socialista e, a sua volta, indispensabile alla costruzione del socialismo. Un progetto, nonostante i cambiamenti intercorsi nell’ultimo ventennio del secolo scorso, di estrema attualità, poiché la scommessa di un’educazione intesa come strumento di cambiamento e di trasformazione sociale, di progresso civile e di emancipazione individuale e collettiva costituisce, ancora oggi, una meta importante per la pratica formativa delle nuove generazioni e specificamente, pur nel mutato contesto storico, un punto di riferimento per quelle iniziative pedagogiche indirizzate al recupero di ragazzi socialmente a rischio.
Attraverso l’opera di Makarenko scopriamo, infatti, una scienza e un metodo di emancipazione e di riscatto della gioventù, un’impostazione teorica legata alla pratica, quella che si esprime nelle conquiste, nelle difficoltà e negli avanzamenti quotidiani del collettivo di una colonia di piccoli ex-delinquenti, con lo scopo di restituire loro essenzialmente la vita, ossia un’“esistenza in comune”, quella che oggi definiremmo reinserimento sociale. È in questo processo di formazione “in progress” che l’opera di Makarenko si fa “poema”, Poema Pedagogico appunto, racconto corale del lavoro di “rieducazione” dei besprizornye (“ragazzi senza tutela”) e dello slancio rivoluzionario, dell’ottimismo, della fiducia nella possibilità stessa di istruirli effettivamente alla “vita nuova”, sociale e associata, insegnando loro ad essere e ad agire da collettivo, dove la condizione dell’esercizio e dello sviluppo della libertà di ognuno è la comune necessità: quella di compartecipare alla trasformazione positiva di se stessi in relazione agli altri individui per concorrere, insieme, alla realizzazione di qualcosa di nuovo e di grande, la costruzione di una società che sia la realizzazione integrale dell’umana felicità.
Il Poema è, dunque, un’opera che mai si limita alla semplice enunciazione di dottrine o precetti, ma, al contrario, si dà come traccia sperimentale, verificabile nella vita vissuta delle storie e dei personaggi che racconta, di un modello educativo innervato delle attese, delle speranze e degli slanci che la grande stagione rivoluzionaria aveva aperto. Ed è così che quest’opera giunge fino a noi. Un’opera che ci riguarda da vicino. Poiché riguarda il tema e la pratica dell’inclusione sociale in un mondo, il nostro, la cui crisi genera, tra i suoi effetti peggiori, disgregazione e abbrutimento, soprattutto tra le giovani generazioni. Un tema che è una realtà. Fatta di dispersione scolastica crescente e analfabetismo di ritorno, disoccupazione che in alcune aree del paese raggiunge perfino il 70% della popolazione giovanile e passività (crescente è la percentuale di chi non studia, non lavora e nemmeno cerca occupazione), devianze sociali come l’uso e l’abuso di alcol e droghe, emigrazione di giovani in cerca di migliori possibilità e immigrazione di giovani in fuga dalle guerre che funestano i loro paesi d’origine, violenza crescente e frustrazione di una generazione di fatto senza futuro nell’attuale modello di organizzazione sociale. Una realtà sulla quale si può, però, intervenire e incidere, una realtà che si può trasformare. È quello che ci insegna, infatti, il Poema pedagogico che, con maestria, rigore e soprattutto un insuperato rispetto per gli accadimenti della vita che colpiscono le fasce sociali più deboli e, particolarmente, i più giovani, ci dice ancora della possibilità della trasformazione sociale. Ci dice di giovani che, talvolta confusi, talvolta sbandati, cercano però una strada e rappresentano, comunque, il futuro di società nuova. Ci dice del bisogno di educatori che sappiano essere effettivamente guide responsabili e “formatori collettivi”. Ci dice di noi e della necessità di ricostruire coesione sociale a partire dalle giovani generazioni. Ci dice di programmi educativi che non possono basarsi oltremodo sulla concorrenza individuale e l’autoaffermazione come sanciscono la “Buona Scuola” e le tante “riforme” che negli ultimi vent’anni hanno devastato l’Istruzione pubblica, abbassando il livello medio di preparazione degli studenti e mortificando gli insegnanti. Ci dice dei fini sociali dell’educazione collettiva e molto altro. Su tutto, della necessità di imparare ad essere, nel quotidiano, educatori e discenti al tempo stesso, di se stessi e degli altri. Ecco perché ha senso conoscere e riprendere la pedagogia “pionieristica” di Makarenko. Poiché essa rientra nel lavoro di costruzione di un mondo nuovo, in cui, oggi come ieri, sono coinvolti milioni di donne e uomini, milioni di giovani, nello sforzo di trasformare la società, attraverso la formazione dell’individuo che, a partire dal suo essere sociale, si emancipa nel collettivo, cellula originaria di quel sistema di associazioni di uomini concepiti come produttori civili, struttura portante della società socialista.
A questa prospettiva riconduce, infatti, il lavoro di Makarenko. La novità del suo metodo pedagogico, ancora oggi, consiste nel ricreare dal basso la comunità dei ragazzi “in recupero”, riconsegnando loro il tempo, la sua scansione, il ritmo, lo stile del vivere quotidiano, il senso del vivere insieme, cooperando. La bellezza e la forza dei ragazzi di Makarenko sta proprio nel prendere il compito sul serio, dare pieno credito agli intendimenti e agli atti di chi cresce e cerca di “diventare grande”. Questo, in fondo, è il fulcro su cui dovrebbe poggiare anche oggi la funzione educativa. Ed è lo stesso sul quale si fonda tutto l’intreccio narrativo, pagina dopo pagina, del Poema pedagogico. Per questo la lettura di questo capolavoro letterario resta ancora un autentico dono per chiunque voglia imparare ad educare ed educarsi.
Anton S. Makarenko: Figlio di operai, nasce nel 1888 nel villaggio ucraino di Bjelopolje. Come maestro, mette a punto la sua visione pedagogica lavorando con orfani, ragazzi abbandonati e giovani rinchiusi nei riformatori. Muore a Mosca nel 1939. Tra i suoi libri, destinati a influenzare profondamente le scienze dell’educazione, oltre a Poema pedagogico, considerato il suo capolavoro, si ricordano, tradotti in italiano, classici come Consigli ai genitori (1950), Bandiere sulle torri (1955) e La marcia dell’anno ’30 (1960).
La presentazione sarà seguita da un piccolo aperitivo a sostegno delle spese associative.