Di Alessandro P.
“La Russia, come ha detto figurativamente il geniale filosofo Konstantin Leontiev, si è sempre sviluppata come una “complessità fiorente”, come una civiltà statale, tenuta insieme dal popolo russo, dalla lingua russa, dalla cultura russa, dalla Chiesa ortodossa russa e dalle altre religioni tradizionali della Russia.” Vladimir Putin
In varie risposte rilasciate in diverse sessioni del Valdai Club, Vladimir Putin ha precisato nel corso degli anni di essere ideologicamente un conservatore radicale di tipo controrivoluzionario. Avevamo già tentato di specificare, in un precedente articolo, come il conflitto dei nostri tempi non sarà di essenza geopolitica, ma di eventuale e radicale contrapposizione alle forze sovvertitrici rivoluzionariste. Il più grande fallimento delle forze di natura Rivoluzionaria presenti nella scena internazionale – ossia le forze di Davos o delle sinistre radicali planetarie come l’MI6 britannico, i neoconservatori americani, il movimento globale Lgtbq, Woke antifa e dunque i Dems statunitensi – è rappresentato negli anni recenti dalla necessaria constatazione che un’eventuale alternativa russa alla “verticale del potere” putinista non sarebbe stata di tipo neo-modernista o post-modernista, come si pensava ancora nel febbraio 2022, ma si sarebbe comunque svolta nell’ambito della teoria e della prassi della controrivoluzione russa.
Differenze e conflitti si possono ben trovare nel mondo teologico conservatore ortodosso: si pensi a quello tra il Patriarca Kirill e il metropolita Tichon, ideologo del “Neo-Bizantinismo” e particolarmente vicino al presidente russo. Si possono anche trovare nel mondo politico-militare. Si pensi all’insurrezione wagnerita della scorsa estate contro lo stato maggiore; ma in ogni caso siu tratta di conflitti tattici, non strategici, dato che l’obiettivo comune ed irriducibile delle varie élite russe e della stessa società civile è come contrastare attivamente, con maggiore efficacia operativa, quel fenomeno che viene generalmente rappresentato come la Rivoluzione Colorata Mondiale. Medesima prospettiva, detto per inciso, degli ambienti nazionali trumpiani statunitensi.
Se in occidente i vari analisti del mondo russo continuano a considerare l’ideologo di riferimento di Vladimir Putin l’hegeliano di estrema destra Ivan Il’in – esplicito ammiratore del franchismo spagnolo, del salazarismo lusitano e in parte ma assai minore dello stesso fascismo italiano –, ad avviso di chi scrive questo sarebbe vero solo in parte. Se è vero che il presidente russo ha nel concreto omaggiato Il’in probabilmente più di altri ideologi o filosofi come Berdjaev, Solov’ëv e Solženicyn, da lui più spesso citati; e se è vero che l’operazione tattica di restaurazione neo-zarista della “verticale del potere” si è svolta sotto l’astro di Il’in (fu infatti il presidente Putin a far trasferire le spoglie di Il’in dalla Svizzera al monastero Donskoj nell’autunno 2005), è però anche vero il fatto che l’hegelismo in ogni sua forma o diramazione, sia quello di estrema destra sia quello di estrema sinistra marxista-leninista, è percepito da Putin alla stregua di una vera e propria eresia di tipo protestante e probabilmente addirittura “non cristiana”, dunque potenzialmente russofobica. Di conseguenza, chi scrive pensa che l’attuale modello controrivoluzionario russo sia concretamente orientato dalla visione del mondo di Konstantin Leont’ev. Chi è Leont’ev? Egli fu considerato il “Nietzsche russo”, ma a differenza del filosofo tedesco avrebbe fatto della causa del Cristo e della Madre di Dio, quale massima e definitiva custode della Santa Russia, la causa militante di tutta la sua vita.
Konstantin Nikolaevič Leont’ev (d’ora in avanti K.) nacque il 13 (25 secondo il calendario gregoriano) gennaio 1831 nel villaggio di Kudinov, distretto di Meshchovo, provincia di Kaluga, da una famiglia nobile. Suo padre, Nikolai Borisovič, prestò servizio nella guardia e si ritirò con il grado di maresciallo. La madre, Feodosia Petrovna, era una studentessa dell’Istituto Caterina della capitale e la favorita dell’imperatrice Maria Feodorovna. Dei sette figli, la madre amava soprattutto il più giovane Kostya; fu lei a dare però al figlio K. una ferrea educazione cristiana e per questo egli avrebbe portato alla mamma una profonda devozione per tutta la vita. Iniziò a studiare presso la facoltà di medicina, ma con l’inizio della guerra di Crimea K. si offrì volontario come medico di battaglione nel reggimento Belevskij Jaeger. Nel 1863 cambiò dunque la sua attività medica in attività diplomatica. Prestò servizio nell’Impero Ottomano: a Creta, ad Adrianopoli (qui frustò il console francese per un commento offensivo sulla Russia), a Tulcea, Ioannina, Salonicco. A Salonicco, dove arrivò nel 1871, accadde un incidente che cambiò radicalmente tutta la sua vita. K. si ammalò improvvisamente. Era sicuro di avere il colera. Quando la morte sembrò inevitabile, il suo sguardo si fermò improvvisamente sull’icona della Madre di Dio, che gli era stata donata pochi giorni prima da monaci russi dell’Athos. Si rivolse alla Madre di Dio con le seguenti parole:
“Madre di Dio! Presto! È troppo presto per me per morire! Non ho ancora fatto nulla degno delle mie capacità e ho condotto una vita altamente depravata e squisitamente peccaminosa! Sollevami da questo letto di morte! Voglio fare della vita che mi resterà la causa della Santa Russia cristiana…”.
Il morente fece voto che, se si fosse ripreso, sarebbe diventato monaco. Due ore dopo tornò completamente sano. K. arrivò sul Monte Athos il terzo giorno dopo la sua guarigione, ma il confessore del monastero russo Panteleimon, l’anziano Girolamo, dissuase il futuro grande pensatore russo dal prendere immediatamente i voti monastici. Su suo consiglio, dopo essere tornato in Russia, K. visitò Optina Pustyn’, dove col tempo iniziò a prendersi cura del grande anziano Ambrogio.
K. Ci ha lasciato volumi e pensieri di grande valore, come : Appunti di un eremita, La politica nazionale come arma della rivoluzione mondiale, Bizantinismo e slavismo. In questo contesto di stringente attualità, senza soffermarsi troppo su alcune peculiarità del suo sistema filosofico e di morfologia delle civilizzazioni (su cui eventualmente si potrà tornare), ci interessa la sua visione in relazione all’odierna missione nazionale russa esclusivamente per due motivazioni.
La prima è che K. – un radicale teorico della controrivoluzione particolarmente vicino al procuratore generale del santo sinodo ortodosso Konstantin Pobedonoscev – fu assolutamente antieuropeista in quanto seppe perfettamente prevedere l’avvento di ciò che considerava il nichilismo cristianofobo europeistico, definito da lui un processo di “semplificazione secondaria” nella storia delle civiltà. La seconda è che il nostro previde con anni d’anticipo una sanguinaria “rivoluzione socialista” in Russia guidata da una specie di Anticristo; egli definiva il socialismo “il feudalesimo del futuro”. Sosteneva che, con il supporto metafisico della madre di Dio, il “grande popolo russo” avrebbe infine sconfitto, da posizioni nazionali cristiane, la “peste socialista”, una perfetta realizzazione del nichilismo ebraico-europeista, ma avrebbe infine dovuto affrontare la minaccia del materialismo mondiale di marca cinese, un’ulteriore forma di nichilismo assai nocivo per lo spirito russo. Egli seppe anticipare e prevedere come nessun altro filosofo russo la Guerra Occulta del nichilismo contro lo spirito e la possibilità di rinascita della Russia controrivoluzionaria cristiana.
Nel 1891 Konstantin Leont’ev prese la tonsura segreta con il nome di Clemente e presto morì, il 12 novembre. Il pensatore russo fu sepolto nel cimitero del monastero del Getsemani di Chernigov della Trinità-Sergio Lavra.