Di Andrea Giumetti
Stravagante eccentricità di pochi individui, che la società tendeva ad etichettare con poco lusinghieri termini, ormai il gioco di ruolo, così come il wargame tabletop, è diventato un vero e proprio fenomeno di massa. Essendo noi in Aurora particolarmente affascinati da tutto ciò che il mondo normale bolla come “anormale”, specialmente se incarna spirito, potenza e fantasia, non potevamo che essere estremamente interessati al volume Dal Gioco di Guerra al Gioco di Ruolo.
Il libro, scritto da Moreno Pedrinzani ed edito da Mondiversi (e reperibile sul loro sito) ripercorre il percorso evolutivo del gioco da tavolo immaginifico, partendo dalle riflessioni filosofiche e antropologiche alla base degli scacchi, fino ad arrivare ai moderni wargames e giochi di ruolo (categorie diverse, ma con molti punti, e soprattutto con una dinamica di sviluppo, in comune), che oggi appassionano milioni di utenti in tutto il mondo.
Secondo la ricostruzione fatta da Pedrinzani, il punto di partenza da cui far discendere tutto è l’invenzione in Prussia del Kriegsspiel nel 1824. Il gioco di guerra nasceva infatti come strumento con un regolamento maggiormente sofisticato e matematicamente più stringente rispetto agli altri esperimenti simili, poiché era pensato come strumento di simulazione, e quindi di esercizio, per i comandanti dello stato caserma prussiano. Nel Kriegsspiel, per riportare in maniera quanto più realistica possibile il fatto che i generali non fossero onniscienti e onnipotenti, a differenza dei giocatori attorno ad un tavolo, venne infatti predisposta la figura di un arbitro, neutrale tra le due parti, che interpretava gli ordini dei giocatori. La figura dell’arbitro di Kriegsspiel sarebbe poi evoluta in quella del Game Master, arbitro e narratore per i giochi di ruolo, mentre il wargame avrebbe adottato una sempre maggiore sofisticazione di regole per consentire a due singoli giocatori di gestire la loro partita. Peraltro, bisogna segnalare che oggi, alla luce dell’esperienza ucraina, la copertura satellitare e la presenza dei droni rendono il generale in grado di disporre di informazioni molto simili a quelle del giocatore a bordo plancia di Kriegsspiel.
Ad ogni buon conto, Moreno Pedrinzani continua il suo excursus analizzando il modo in cui le diverse logiche di commercializzazione, così come gli ambienti di nascita e diffusione, abbiano impresso il loro corso nello sviluppo del gioco di ruolo made in USA rispetto a quello del vecchio continente: l’etica protestante del nuovo mondo, rispetto alla tradizione di satira dell’Europa; la mitologia uso e consumo dei fumetti contro la tradizione dell’epica e della letteratura, ma anche il diverso livello di diffusione dei primi computer e le tecniche di produzione. Questi sono alcuni degli aspetti presi in esame nell’analisi dall’autore, che inevitabilmente favoriscono la riflessione anche nel lettore, che anche quando è un appassionato di vecchia data del genere, nondimeno viene a contatto con nuove informazioni, anzi, con oscuri frammenti di lore che arricchiscono il quadro di riferimento. Nella società contemporanea, in cui trovare un Puerto Escondito è ormai quasi impossibile, e dove la competizione è brutale quanto truccata a favore di pochi, è quanto mai fondamentale coltivare lo sviluppo del pensiero strategico e dell’immaginazione come mezzi di difesa del sé.
Quando si vive in un mondo dove il politicamente corretto diventa autocensura, e dove la digitalizzazione da un lato fa disabituare al contatto umano e dall’altro porta con se l’iper-controllo dei comportamenti e dei costumi, anche essere un gruppo di amici impegnati a fantasticare di eroismo, spade, magia e di dilemmi di moralità attorno ad un tavolo, acquisisce i caratteri di un atto di resistenza profondamente impregnato di reale.