Di Giuliano Maranga
Analizzando la vittoria del sindaco Ferdinandi, lo scorso 23 giugno avanzavamo l’ipotesi che tale modello vittorioso di Sinistra radicale si sarebbe riproposto nell’ambito delle elezioni regionali, arrivando a lanciare la sfida aperta al Governo Meloni con un blocco largo di una autentica Sinistra antifascista ed ideologicamente postmodernista. Parlavamo anche del campo regionale umbro come mini-laboratorio strategico nazionale e, in prospettiva, addirittura internazionale se lo stesso presidente francese Macron non è stato capace di inventarsi in questi giorni niente altro che un blocco giallorosso, che arriva all’appuntamento della storia con anni di ritardo rispetto al Conte II di casa nostra. Se la giunta di Vittoria Ferdinandi verrà annunciata la prossima settimana, la notizia di queste ore è che con molta probabilità Elisabetta Piccolotti, deputata di AVS e ed ex assessore del comune di Foligno, sarà il candidato presidente dell’intera coalizione di Sinistra alle imminenti competizioni regionali. Una replica, su scala più ampia, dell’operazione Ferdinandi che mirerebbe a spostare verso Sinistra radicale l’asse dell’intera Umbria, oltre a quello di Perugia.
Un messaggio politico dal chiaro significato ideologico; sarebbe la nascita effettiva di una Nuova Sinistra politica e militante. Una Nuova Sinistra identitaria e con il pugno chiuso, che farebbe di nuovo dell’antifascismo militante la ragione ideologica strategica; una Sinistra particolarmente attenta alle questioni Green, solidale con il pensiero della Salis e dei centri sociali di estrema sinistra sull’occupazione di case non abitate, probabilmente vicina sul piano internazionale sia alla causa palestinese che a quella nazionale ucraina ma comunque soprattutto ostile al modello delle autocrazie controrivoluzionarie o neo-tradizionali alla Orban o alla Putin basate sul “costituzionalismo autoritario e organico”. Tale modello civile di “costituzionalismo autoritario”, che supera il feticcio e la mitologia neo-colonialista anglosassone del cosiddetto “stato di diritto” da imporre ovunque anche se necessario con le guerre di annientamento, è proprio il nemico principale delle sinistre internazionali e internazionaliste LGTBQ+ e quando tali movimenti rivoluzionari e gender parlano di fascismo o neofascismo fanno soprattutto riferimento a tale orientamento di Stato controrivoluzionario esteuropeo, oltre che al movimento MAGA o America First con cui gli antifa di oltreoceano si scontrano quotidianamente. In sostanza, come abbiamo detto, la eventuale squadra di Piccolotti dovrebbe ripercorrere su scala regionale l’esperimento di Sinistra massimalista e “rivoluzionaria” che abbiamo visto mettersi in moto per la conquista del Comune di Perugia.
Piccolotti avrebbe già, non a caso, a sua disposizione l’intera squadra comunicativa e propagandistica già schierata per Vittoria Ferdinandi e avrebbe ottenuto il semaforo verde dei vertici del PD romano. Avevamo scritto, nell’articolo del 23 giugno a cui facevamo riferimento, che l’antifascismo verbale e dialettico senza una radicalizzazione strategica di contenuti e prospettive neo-egemoniste non avrebbe che continuato a fare il gioco del populismo di destra, che marcia oggettivamente nella direzione dello spirito del tempo ben più degli antifascisti o dei neo-frontisti; in tal senso la scelta di Piccolotti leader della Nuova Sinistra umbra pare effettivamente una scelta obbligata ed azzeccata. Un esito positivo, con la concretizzazione di un modello sociale ultra-egualitario fondato sui dogmi del cambiamento climatico, della globalizzazione totale e della digitalizzazione, assicurerebbe certamente alle forze progressiste una nuova stagione di lotte e militanza. Se viceversa la Sinistra dovesse fare marcia indietro optando per candidati all’apparenza più navigati ma meno dinamici e con meno richiamo presso le fasce giovanili commetterebbe un gravissimo errore strategico.
Le elezioni regionali umbre avranno l’esponente del Centro in Stefano Bandecchi, sindaco di Terni che annunciando poche ore fa la sua candidatura, ha dichiarato che “la Destra umbra vuole ricandidare l’uscente presidente che certo non ha brillato nella creazione di ospedali ternani e in nessun rapporto che esiste in tutta l’Umbria”.
“Una candidata improponibile, secondo il sindaco ternano, che farebbe bene a dimettersi in modo che il centrodestra possa avere anche la possibilità di candidare Bandecchi, poiché altrimenti perderà. Per quanto Bandecchi attacchi poi anche la Sinistra, è chiaro che scopo della sua candidatura è in prima istanza far perdere Donatella Tesei, che dovrebbe essere la scelta di continuità della Destra regionale. Al tempo stesso, è però ipotizzabile che la Destra umbra non commetta il medesimo errore che ha già fatto nel corso delle comunali perugine, riproponendo l’insipido messaggio del cosiddetto “fare contro l’ideologia”. È ben più probabile, viceversa, che a questo punto, come la Sinistra globalista non ha fatto che riproporre a livello internazionale la strategia ideologica dell’antifascismo assoluto e dell’antipopulismo, la Destra inizi da ora a picchiare duro sul tasto dell’estrema sinistra comunista che minaccerebbe, di nuovo e questa volta con la scusa del cambiamento climatico, della globalizzazione multinazionale e della digitalizzazione, la piccola e media proprietà e i piccoli esercizi commerciali delle periferie dimenticate già ridotti allo stremo dalla dura e aberrante frusta fiscale della burocrazia statalista totalitaria di Bruxelles e dell’Unione Europea.
Se la stagione Meloni sta rappresentando una fase neo-democristiana alla Rumor (come dice Sabino Cassese) nel corso della vita politica della Seconda Repubblica, è assai probabile che proprio con le elezioni regionali umbre in Italia inizi a prendere germinalmente forma un vero e proprio populismo di destra controrivoluzionario, più ideologico e meno opportunista, basato sul principio di quel “costituzionalismo autoritario” che sembra esser la bestia nera della Nuova Sinistra in fieri.