Il fascismo analizzato dal maestro Julius Evola e il mondo in cui viviamo 
Il fascismo analizzato dal maestro Julius Evola e il mondo in cui viviamo 

Il fascismo analizzato dal maestro Julius Evola e il mondo in cui viviamo 

Di Arturo Padovani*

 “Il valore intrinseco di un’idea e di un sistema deve essere giudicato in sé, prescindendo da tutto ciò che rientra nel mondo della contingenza. Praticamente e storicamente ciò che decide è, però, la qualità degli uomini che si fanno affermatori e difensori di quella idea e di quel sistema”

J. Evola

Ho incontrato l’Evola la sera stessa che è stato ricevuto dal Duce (il 12 Settembre 1941, NdC). Tutti sapevano che Mussolini aveva pienamente aderito alle interpretazioni romaniste, spiritualiste del Professor Julius Evola”  

A. Fanelli

Evola e l’antifascismo

L’influenza sottile esercitata dal filosofo romano Giulio Cesare (Julius) Evola è forse oggi più forte oggi rispetto agli stessi anni in cui visse (1898-1974);  Heidegger, tra gli altri, sappiamo ora che passò al setaccio le opere di Evola; il noto filosofo russo Aleksandr Dugin, vicino al Cremlino, nel 2023 ha pubblicato un saggio Julius Evola. Stella del Mattino, tradotto da AGA Editrice in lingua italiana nel 2024; ma soprattutto i populisti dei nostri giorni, per quanto confusa e ancora rozza sia la loro protesta, vanno proponendo una vera e propria rivolta contro il mondo moderno del Great Reset, contro il regressivismo della democrazia totalitaria e tecnocratica occidentale come massima irradiazione del regno dell’anti-spirituale e dell’anti-metafisica; la democrazia parlamentare, formalmente liberale ma sostanzialmente totalitaria come sempre più evidente, è di fatto oramai sotto accusa a livello globale, basandosi sulla negazione assoluta delle identità nazionali e popolari tradizionali e sulla guerra ideologica continua a ogni espressione della civiltà umana che non porti alla barbarie e alla disgregazione del tessuto sociale. 

Considerato dalla solita critica superficiale di Sinistra come fascista, ben pochi sanno che il primo scritto politico evoliano fu viceversa per l’antifascista Stato Democratico [AS, p. 110] o, ancora, che oggetto di attacchi squadristi, per quanto incurante di tutto ciò e del tutto indifferente a maldicenze o a percosse, verrà da allora protetto, senza che lui lo richiedesse affatto, da una piccola squadra di guardie del corpo di cui faceva parte l’altro futuro filosofo romano Massimo Scaligero, di otto anni più giovane di lui che a quell’epoca erano ancora tanti e che da quel momento sino alla agli anni settanta continuerà a giudicare Evola “un essere così eccezionalmente autentico e forte” [MS, YR, p. 38]; sempre Massimo Scaligero avrebbe così ricordato quella temperie: 

Conobbi Evola in un momento in cui tutti – o quasi – prudentemente si allontanavano da lui; si era rivelato, mediante La Torre, il più audace contestatore dell’ideale di cultura del Regime…In quei giorni – doveva essere la primavera del 1930 – mi recai da lui, benchè ne venissi sconsigliato da amici benpensanti….In quel periodo, egli era oggetto di aggressioni e intimidazioni….Gli facevo compagnia con un gruppo di amici maneschi trasteverini, da me mobilitati, quando egli rischiava di essere di nuovo aggredito, in occasione delle diverse cause che aveva in tribunale per querele…”  

[MS, D, pp. 181-185]

La concezione evoliana riguardo alla missione del fascismo iniziò gradualmente a cambiare proprio in coincidenza dell’esperienza de La Torre , avviata dal febbraio 1930, prendendo sempre più le distanze dall’antifascismo, giudicato ora da Evola un nulla, un qualcosa di insostanziale e assai pericoloso che avrebbe dato corpo ai più nefasti effetti sociali frutto delle ideologie sovversive e materialiste, massoniche e giacobine, in continuità con un Risorgimento che per Evola aveva assestato un colpo diabolico al vero spirito solare italiano e alla più autentica identità nazionale. Sembrò percepire nell’ethos di fondo del fascismo una rivolta, per quanto da rettificare e ordinare, da base spirituale avita e originaria, una rivolta sui presupposti dell’antica tradizione romana e neoplatonica, contro la potenza materialista e nichilista del mondo moderno. 

Per quanto non si possa da allora né si potrà nemmeno in seguito parlare, per correttezza scientifica ed ermeneutica, di un Evola fascista, tantomeno nazista (il che sarebbe veramente fuori da ogni realtà possibile, dato che, come sostiene Alain de Benoist, Evola apprezza quasi esclusivamente l’Anticomunismo del nazismo e la sua lotta per una nuova visione del mondo ma ne vede in effetti un moto storico di disgregatrice liquidazione della Tradizione monarchica prussiana [ADB, ERR, p. 43]), il fascismo avrebbe finito per incarnare storicamente per il filosofo romano l’esigenza di una sorta di salutare ed energica controrivoluzione metafisica, guerriera  ed eroica, ben più che politica  machiavellica, non tanto e non solo come fascismo ma proprio come linea trascendente, metastorica, invisibile, sacrale, di continuità con la tradizione occidentale del “vero Stato” di Destra. 

Destra ideale e spirituale, ma realista e tatticamente flessibile, essenza stessa della visione del mondo evoliana – ben diversamente dall’astratto e tradizionalismo integrale guenoniano – basata sulla consolidata prassi del ghibellinismo o delle esemplari figure di un Richelieu, di un Metternich (considerato da Evola l’ultimo grande spirito occidentale), di un Bismarck, della stessa Vandea contadina che insorse in difesa della Tradizione, della Libertà, della Proprietà Privata contro la tirannia giacobina o contro la tirannia di Napoleone. Uno Stato, che era per Evola il contrario dell’assistenzialismo partitocratico o statalista, ma quale semplice centro spirituale di una sacrale dimensione di valori giuridici, culturali, economici solidaristi e non classisti. In questa prospettiva, se le ricerche della scuola storiografica italiana defeliciana sul fascismo sono assai distanti dall’analisi evoliana, le ricerche storiografiche sul fascismo di scuola noltiana e sternhelliana coincidono, ben più, con l’analisi “irrazionalista” e spiritualista evoliana sul fascismo come controrivoluzione attiva sostanzialmente anti-illuminista e antigiacobina (sia Nolte che Sternhell attingono nello loro ricerche ai testi del filosofo romano e lo storico tedesco scrive addirittura che il Regime fascista di conservatorismo radicale, antidemocratico e anticomunista, sarebbe di radice evoliana [EN, IF, pp 418-419 ). 

I primi studi scientifici sulla scuola di mistica fascista videro la luce in Italia solo nei primi anni duemila, per decenni la scuola storiografica defeliciana, che pur era alla base di molti progressi conoscitivi in materia, li aveva stranamente trascurati, sottovalutando una delle manifestazioni culturali e spirituali più significative del Regime; tali studi riportarono alla luce le motivazioni “irrazionaliste” e mistiche alla base del fascismo ben più delle motivazioni formali e dottrinarie del Regime dell’epoca. Non fu dunque la teoria il campo in cui il fascismo sviluppò il suo impulso, ma la struttura di base della prassi; scrive Carini, studioso dei rapporti tra Evola e la scuola di mistica, che la morte dà valore alle idee ma a loro volta le idee stesse danno proprio valore alla morte [C, EE, pp. 62-65]; in questo senso, dopo Piazzale Loreto, il sacrificio intero della scuola di mistica, lo stesso fenomeno della Rsi, che Evola giudicò unico nella storia italiana, con centinaia di migliaia di volontari a morte sicura per una causa perduta in partenza, l’antifascismo per quanto abbia dalla sua parte la tecnocrazia e tutti i media globali è destinato a perdere la sua lunga ed eterna guerra ideologica di movimento con il conservatorismo radicale “fascista”. 

Il momento decisivo e definitivo del rapporto tra Evola e la Destra italiana ha come fulcro la pubblicazione nel 1964, dunque nel dopoguerra, del saggio Il fascismo. Saggio di un’analisi dal punto di vista della Destra, sintesi molto azzeccata e audace dell’intera filosofia politica del filosofo romano e dunque analisi primaria, unica ed imprescindibile per comprenderne la posizione in materia; Evola riconosce esclusivamente il valore del Ventennio di Regime, essendo limitata la fase di Repubblica sociale al solo valore combattentistico di estrema fedeltà, più forte del fuoco, a ideale e parola data quando tutto il mondo crolla addosso al fascismo e al suo capo Mussolini.     

Evola e il fascismo 

Nel dopoguerra, Evola non a caso pose alla base dell’impulso dell’epoca del Regime, commentando La dottrina del fascismo elaborata da Mussolini nel 1932, l’esigenza di un’integrazione dell’uomo “per mezzo di un immanente rapporto con una legge superiore, con una volontà obiettiva che trascende l’individuo particolare”; si trattava, in fondo, per il filosofo romano, del problema con cui andare incontro ad un impulso profondo e spirituale all’auto-trascendenza immanente, che nell’uomo può pure venir represso o tacitato, ma mai completamente estirpato eccetto che nel caso-limite di un imbastardimento sistematico di tipo bovino. Per il filosofo romano, democrazie e comunismi sarebbero identificabili, non si porrebbero nemmeno questo problema assolutamente centrale dell’umanità contemporanea con il tentativo di necessario autrascendimento morale ed etico. Andrebbe a merito storico del fascismo di esserselo ben posto; la crisi profonda della “razionalizzazione” dell’esistenza tentata dalla civiltà materialista borghese o marxista era ed è sempre più evidenziata, oggi più di quanto Evola scriveva se vogliamo, proprio dall’accendersi vorticoso e potente dell’irrazionale e dell’elementare quale centrale fenomeno sociale di cui danno testimonianza il progressivo imbarbarimento e degrado di cui le democrazie razionaliste danno sempre più spettacolo. Scrisse il filosofo che “nelle società tradizionali è sempre esistita una certa liturgia o mistica della sovranità che era parte integrante del sistema e che forniva una soluzione al problema di cui or ora si è detto” [E: F, p. 30]. 

Anche qui al fascismo andrebbe ascritto il grande merito storico di aver voluto mantenere un alto clima di tensione ideale e spirituale in senso radicalmente anti-democratico, per quanto Evola critichi duramente la tattica populista, seppur appunto antidemocratica, del Duce. Fu nonostante tutto la reazione della “casta eroica” di radice tradizionale sulla casta economica mercantile borghese e su quella tecnica dei “politicanti” di professione. Mussolini non aveva peraltro potuto usufruire, nella generale situazione italiana con la parziale e brevissima eccezione del marchese di Rudinì, che per Evola sarebbe stato l’unico vero statista romano d’Italia prima di Mussolini, mentre sul Crispi il giudizio di Evola pur positivo è ondivago, sul Giolitti è assai controverso, di un potente retroterra di Destra storica fondata sull’ideale “vero Stato” plasmatore di una coscienza nazionale. 

Il “vero Stato” è per il filosofo organicista e differenzialista e non burocratico-centralista o statalista, oppressore delle libertà economiche o individuali; l’orizzonte della cultura politica asburgica ha sempre esercitato su di lui un notevole richiamo.  Perciò lo sforzo e tutta la milizia storica e umana, del Duce, di attivazione permanente di questo ideale di Stato, al di sopra di ogni nazionalismo, vennero assai apprezzati dal filosofo, per quanto dovette precisare che il totalitarismo, per quel poco che vi fu, ed il populismo oltre alla campagna demografica furono a suo parere una deviazione rispetto all’esigenza più profonda e valida di Mussolini statista poiché lo Stato ideale della vera destra dovrebbe appunto essere “organico, ma non totalitario. È differenziato e articolato, ammette zone di particolare autonomia. Coordina e fa partecipare ad una superiore unità forze di cui riconosce la libertà…non ha bisogno di ricorrere ad una meccanica centralizzazione ….” [IBIDEM, p. 36]. Evola riuscì a ritagliarsi un suo spazio all’interno del Regime dell’epoca grazie ai buoni uffici di Roberto Farinacci, il cui giornale “Regime fascista”, dopo il mussoliniano “Popolo d’Italia”, valeva come il quotidiano più “ortodosso” di quel tempo.

 “Farinacci, avendo accesso diretto a Mussolini, ciò era di grande momento. Inoltre, Farinacci conosceva i limiti della propria cultura, e in me vide chi poteva dare un contributo a quella rivoluzione intellettuale di Destra che era nelle aspirazioni di una certa corrente del fascismo. Così egli accettò la proposta che gli feci di far uscire sul suo giornale, Regime fascista, sotto la mia direzione, una pagina speciale col sopratitolo “Problemi dello spirito nell’etica fascista”. Fidandosi di me, Farinacci mi diede pieni poteri”.  

[E, CDC, p. 207]

Nella lotta di frazioni del Regime, una certa storiografia oggi riconosce che Farinacci fu un abilissimo e influente mediatore al fine di orientare il Regime verso un tradizionalismo radicale di Destra antirivoluzionario e antisovversivo, al di là del socialismo demagogico e del conservatorismo annacquato. Nel corso del conflitto, Evola, che mai avrà la tessera del PNF sebbene la richiederà in uno specifico caso esclusivamente come precondizione necessaria per entrare in campagna come “volontario contro l’imperialismo britannico” – caso che poi non potrà realizzarsi –, si distingueva nell’elaborazione e radicalizzazione di una dottrina spirituale e antidarwinista e delle razze e della via imperiale in chiaro antagonismo intellettuale al nazionalsocialismo tedesco; per questo venne convocato direttamente da Benito Mussolini a Palazzo Venezia il 12 settembre 1941 che si complimentò con lui con grande stima. D’altra parte Evola, dall’inizio del conflitto, considerava cruciale l’alleanza con la Germania ma solo a patto che avessero il sopravvento, in tale alleanza, gli ideali fascisti-romani e non quelli nazisti-pangermanisti; opponendosi alla fissazione nazista per la razza e al centralismo totalitario e partitico, Evola contrapponeva al razzismo nazista, in un suo importante saggio del novembre 1940 che comparve ne “Lo Stato”, l’idea mussoliniana di “vero Stato spirituale” – e non dello stato bacchettone etico di scuola idealista gentiliana – come nomos della terra, auspicando una imminente fascistizzazione e romanizzazione del nazionalsocialismo. 

Se il filosofo fu un noto estimatore della Monarchia guglielmina prussiana e della Rivoluzione conservatrice tedesca, ancora nel bilancio generale espresso ne Il fascismo i suoi giudizi sul nazionalsocialismo, a parte l’idea interna neo-prussiana dell’Ordine propria di alcune élite, sono invece molto netti. Per quanto Evola non abbia mai aderito alla campagna ideologica globale di “satanizzazione” dello Spirito tedesco, riguardo alla conduzione strategica, dunque metapolitica fondantesi sulla guerra occulta, della Seconda guerra mondiale, finiva per assolvere e assecondare Mussolini, che rivelava anche nei momenti più duri un senso del limite tipico di uno statista romano che si basava sul Logòs romano e mediterraneo (“Sono questi tratti caratteriali a differenziare notevolmente Hitler da Mussolini, in Mussolini essendo più in evidenza i tratti di una persona che manteneva i controlli e una certa distanza nella strumentalizzazione delle situazioni”), e bocciava invece Hitler, nella cui condotta avrebbe prevalso il senso egoista nazional-razzista tradendo così l’identità profonda della missione spirituale centroeuropea: “Peraltro noi riteniamo che se, come abbiamo detto, nel complesso i fronti della Seconda guerra mondiale apparivano ideologicamente logici, pure bisogna accusare le conseguenze funeste di una mancanza del senso del limite, di un fanatismo e, infine, di una effettiva megalomania da parte di Hitler” [E, F, p. 125]. 

La furia iconoclasta e in buona parte antitradizionale della Germania hitleriana avrebbe perciò, per Evola, solo preceduto di qualche anno il nichilismo e lo sfaldamento antigermanico e antispirituale della Germania “democratica” o comunista post-1945. Peraltro, nel contesto dell’alleanza con la Germania da parte del Regime, taluni pensieri evoliani, assai critici verso l’impostazione eccessivamente antisemita sul piano naturalista del Terzo Reich che poco aveva a che vedere con la soluzione in materia della teologia pagana o cristiana o con la stessa idea cardinale del Metternich di erigere una barriera spirituale-catéchon di fronte al rivoluzionarismo nichilista globalista, non passarono la dogana della censura libraria dell’epoca. Secondo il metro comune oggettivo, Evola non sarebbe tra l’altro considerabile né antisionista né come un pieno antisemita, essendo la sua proposta una vera e propria Rivolta controrivoluzionaria su base metafisica e mitico-politico o culturale, né geopolitica né naturalista, al di sopra e al di là di nazioni, razze, popoli, gruppi o partiti politici, la vera Nazione essendo solo là dove si combatte per una autentica Idea pratica romana, neoplatonica tradizionale e controrivoluzionaria. Il nemico della visione tradizionale e controrivoluzionaria, ribadirà di continuo Evola, è la Democrazia Parlamentare in ogni sua forma e manifestazione, è proprio a causa di essa che ogni fenomeno moderno degenera e diviene distruttore, è la democrazia parlamentare che abbassa ontologicamente la qualità spirituale e la tensione individuale verso l’Alto [IE]. In tale prospettiva, Evola diffuse e promosse in patria i testi sulla Guerra occulta di Malinsky, immaginando il conflitto come metafisico ben prima che geopolitico o nazionalitario, con al centro spiriti ideali di popoli  e di sistemi ben più che razze e etnie o classi sociali. Già il Mussolini dei primi anni venti aveva compreso che la fissazione del dogma geopolitico senza una solida e pratica visione imperiale romana, di radice sacrale e superiore, era destinata ad anticipare quella irreversibile decadenza occidentale che ben previde e per questo avanzò una assai profonda alternativa ideocratica romano-mediterranea ben più che europea, tuttora per molti versi assai attuale, purché alla base vi sia appunto l’ethos spirituale  di una élite votata alla causa religiosa. Anche per Mussolini, come per Evola, il nemico non era geopolitico o naturale o nazionale ma sistemico, essendo rappresentato appunto dalla Democrazia collettivista e massificante; potere mediterraneo dell’Occidente e marcia all’Oceano erano parole d’ordine e di lotta del Regime dirette proprio contro l’imperialismo anti-mediterraneo delle democrazie mondiali[DN, I, pp. 30-50].

Evola, il mondo in cui viviamo e le soluzioni spirituali

Dipinto di Julius Evola

Per quanto Evola abbia probabilmente sbagliato a condannare il populismo mussoliniano, se si pensa che oggi è proprio il populismo, nonostante tutto, una forza di reazione e riscossa, per quanto il suo eurocentrismo di fondo era già nei suoi anni abbastanza superato, le sue analisi degli anni trenta dello scorso secolo hanno viceversa una straordinaria forza di preveggenza con la stessa prospettiva di nuova Rinascita italiana e tradizionale [https://blog.ilgiornale.it/scarabelli/2020/10/14/fine-di-un-mondo-ovvero-quando-julius-evola-anticipo-orwell-e-huxley/]. 

Il migliore studio dell’Evola politico del dopoguerra in continuità all’Evola del Regime, fuori da ogni idolatria e sciocca condanna evolofoba, è quello di Marco Iacona che ben rileva il significato realistico dell’Anticomunismo evoliano e ben contestualizza il presunto militarismo golpista d’estrema destra che avrebbe teorizzato [I, ERM, p. 64]. Lo stesso Gianfranco De Turris ebbe in proposito a specificare che se Evola dalla fine degli anni quaranta aprì all’alleanza tattica tra Destra italiana e NATO, in un contesto geopolitico chiaramente del tutto diverso dal multipolarismo dei nostri tempi, ciò fu una scelta necessaria dettata dalla certezza che un’Italia social-comunista o catto-comunista senza opposizione di sorta avrebbe permesso alle varie Gladio rosse di terminare il lavoro di totale annientamento di un certo ambiente “nazionale” nella sua interezza; Pansa in proposito avrebbe certamente condiviso la visione realista del maestro Evola! 

Se nel corso del secondo conflitto mondiale il sostegno americano ai comunisti internazionali, dunque anche in Italia,  fu indiscusso, dopo il 1945 Evola puntò realisticamente e tatticamente alle contraddizioni interne che si aprirono all’interno del fronte di Jalta. Gli ultimi anni di Evola, già costretto da decenni a una condizione di infermità permanente, furono caratterizzati dalla salute declinante. Subito dopo la sua morte, avutasi l’11 giugno 1974, Almirante, leader missino, avrebbe detto: “Evola è il nostro Marcuse, ma più bravo di lui”. In un tessuto sociale e politico in preda alla dissoluzione, Seneca invitava a dedicare più tempo agli studi e alla realizzazione del Sé. Proprio di Seneca Evola amava citare le parole: “Infelice colui che mai ha incontrato la sciagura e il dolore perché costui non ha avuto occasione di sperimentare e di conoscere la propria forza. Agli uomini è stato concesso qualcosa di più che l’esser esenti dai mali; la forza di trionfare su sé stessi”

Evola non pensava  alla fine del mondo come imminente – a differenza di taluni suoi discepoli; tutto sarebbe stato soggetto all’eterno ciclo della morte e della rinascita: “Luci si spengono qui e luci si riaccendono altrove nella vicenda di ciò che è condizionato dal tempo e dallo spazio. Cicli si chiudono e cicli si riaprono” aveva d’altra parte già scritto in “Rivolta contro il mondo moderno”. Il problema decisivo era proprio la continuità di quella fiamma simboleggiante la Tradizione solare; ciò esigeva una continuità tra ciò che andava verso la morte e ciò che sarebbe rinato. 

Qui si prospettano le tre soluzioni di Julius Evola di cui ha parlato il Professor Sandro Consolato nel suo saggio pubblicato da Arya Edizioni nel 2020. Tre soluzioni adeguate al mondo odierno da tre specifici tipi umani; “I Veglianti”, gli abitanti delle terre immobili o Sambhalla, coloro che non agiscono ma hanno la sola funzione di tenere accesa la fiamma, tale è appunto il simbolismo del fuoco perenne, della fiamma che arde invisibilmente senza ferire; gli intermedi, i mediatori, coloro che sono vere e proprie misure perché sanno misurare la decadenza della democrazia presente con i valori dell’Eterno, a loro spetterebbe la via più realista, tattica e politica de “Gli uomini e le rovine”, costoro debbono badare soprattutto  a “tenersi in piedi in un mondo di rovine” dato che se anche la capacità elementare di misurare e saper leggere gli eventi alla luce dello Spirito originario dovesse andar perduta, l’ultima notte scenderebbe inesorabile sugli umani; infine coloro che, fedeli a “Cavalcare la tigre”, sappiano trasmutare il veleno nichilista del mondo moderno in farmaco, sconfiggendo il nulla abissale della decadenza contemporanea. 

È una via molto ardua e pericolosa, che potrebbe condurre a due destini assai differenti, quella di coloro che asseconderanno la dissoluzione del mondo moderno o quella di coloro che, secondo l’insegnamento di Rivolta contro il mondo moderno, si ritroveranno nel filone solare-regale della nuova corrente. Si torna al principio morale evoliano centrale, secondo cui coloro che nell’età del nichilismo e delle terribili distruzioni, malgrado tutto, sappiano reggere l’urto tenendosi in piedi potranno conseguire frutti spirituali non facilmente accessibili a uomini di altre età. Nel mondo postmoderno, con la tecnocrazia “democratica” nichilista che sta divorando tutto (ad iniziare dalla stessa democrazia), in cui la Chiesa stessa divulga un messaggio assai poco cristiano, in cui le potenze massoniche e internazionaliste di un tempo vanno proponendo al mondo, proprio a conferma della filosofia politica evoliana, da un lato lo spettacolo veramente indegno di un Partito democratico globale che è probabilmente quanto di più antidemocratico vi sia mai stato – esclusiva macchina di guerra e sterminio di innocenti e avanguardia mondiale del nuovo antifascismo –  e dall’altro la forte reazione popolare basata su valori, per quanto confusi, “populisti” e tradizionali, ciò che più manca è forse proprio la élite tradizionale “neoplatonica” di tattici e mediatori del secondo livello.

Bibliografia 

AS = A. Scarabelli, Vita avventurosa di Julius Evola, Bietti edizioni 2024

MS (YR) = M. Scaligero, Dallo Yoga alla Rosacroce, Perseo 1972

MS (D) = M. Scaligero Dioniso, in Testimonianze su Evola, Edizioni Mediterranee 1985

ADB (ERR) = Evola reazionario radicale, in J. Evola, Gli Uomini e le Rovine e Orientamenti, Edizioni Mediterranee 2001 

C (EE) = T. Carini, Evola esoterico, in J. Evola, La scuola di mistica fascista, Controcorrente edizioni 2009

EN (IF) = E. Nolte,  Il fascismo nella sua epoca, Sugarco 1993 

E (F) = Evola, Il fascismo visto dalla destra, Giovanni Volpe editore 1974

IE = Un’intervista a Evola, in Heliodromos n. 6, Speciale Evola, Primavera 1995.

DN (I), = E. Diodato – F. Niglia, L’Italia e la Politica Internazionale, Carocci ed. 2019.

E (CDC) = Evola, Il cammino del cinabro, Edizioni Mediterranee 2018

I (ERM) = M. Iacona, Evola e la Rivoluzione Mondiale, in J. Evola, Anticomunismo positivo,  Controcorrente edizioni 2008.

*Arturo Padovani, nato in Friuli il 12 settembre 2001, studia e vive all’estero da anni, appassionato di filosofie orientali, neoplatoniche e tardo-rinascimentali.