Data l’attuale situazione internazionale, non è eccessivo affermare che ci troviamo di fronte a scenari decisamente critici, specialmente per l’Italia, che si trova in una situazione di forte svantaggio strategico. Le sue grandi problematiche derivano principalmente da storici fattori politici, superati i quali potrebbe assurgere, nella scala strategica, da piccola potenza a Grande Potenza. Prima di tutto, riguardo il mancato sfruttamento dei suoi punti di forza strategici, va ricordato come il Bel Paese si trovi in una posizione invidiabile, al centro del Mediterraneo, dai fasti storici, ma che tale condizione di preminenza sia stata ridimensionata fino all’esautorazione.
Non solo la spartizione di Yalta e il Trattato di Parigi hanno acuito l’indebolimento nel Mediterraneo, che durante il fascismo era stato conquistato con dure e sofferte lotte, ma anche altri fattori, come il ritiro della presenza italiana in nord-Africa, con la perdita di influenza in Libia, Algeria, Tunisia, hanno fatto sì che queste nazioni gravitino in sostanza verso la Turchia, la Russia e la Cina sottraendo all’Italia il controllo delle rotte delle grandi navi come nello Stretto di Sicilia e di Gibilterra o il controllo sugli hub navali nei passaggi strategici di Malta, Tobruk e Damietta.
Secondo il Trattato di Parigi del 1947, garante della Sicurezza Mediterranea globale doveva essere la Francia, ma alla vittoria dei Nazionalisti algerini durante l’eroica guerra di liberazione, e ancora più oggi dopo Kabul 2021, come vediamo appunto dalla definitiva fuga francese dall’Africa, starebbe saltando anche questo principio di sicurezza. In Libia nel 2011 La Russa e Frattini sospesero il Trattato di Bengasi stipulato nel 2008, che garantiva una bilateralità che favoriva il controllo dell’immigrazione e il supporto agli investimenti nelle aziende italiane, nonché la possibilità di servirsi del gas libico.
Nonostante le pesanti tassazioni a carico dell’Italia, era garantita una presenza nel Paese funzionale a un vantaggio strategico che con il Berlusconi III avevamo riconquistato. In Algeria eravamo presenti in funzione anti-francese, la politica strategica berlusconiana si coordinava con ENI e Finmeccanica (attuale Leonardo), come richiede l’azione di un serio statista; in Tunisia l’intelligence era presente, ben accettata dalla popolazione locale. Quanto alla Libia, conosciamo i rapporti storici tra il presidente Berlusconi e Gheddafi, andati in fumo dopo le varie rivoluzioni colorate partorite dai Democratici Americani, da MI6 anglosassone e dallo SDECE di Francia. L’Italia è di fatto sempre stata una potenza marittima, e dovrebbe tornare a proiettarsi sul Mare Nostrum più che verso l’Europa.
Non a caso l’Operazione Mare Nostrum era frutto, almeno originariamente, della visione del Berlusconi IV, strategicamente anti-europea, filo-araba e filo-russa. Con “mare” intendendo anche i Paesi che sul mare si affacciano. In Africa, dal momento che l’Italia non ha più voce in capitolo, altre potenze sono subentrate: in Algeria la Russia e la Turchia, in Libia Russia e Turchia, in Egitto, Russia, Turchia e Cina. Cinesi, Russi e Turchi hanno colmato il vuoto lasciato dagli Italiani.
Inoltre dopo la rivoluzione mondiale da Covid-19 e dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, assistiamo al reshoring, rimpatrio di aziende prima delocalizzate in Asia, e alla regionalizzazione e all’aumento del commercio per navigazione a tratta corta. Queste condizioni sarebbero tutte favorevoli per il commercio italiano. Da tener presente che il canale di Suez mette in comunicazione Mediterraneo e Oceano Indiano e le superpotenze come la Cina, ma anche la stessa India, devono utilizzarlo come via privilegiata.
In questo scenario la Turchia è il paese meno controllabile e il più imprevedibile, che vede una rinascita del nazionalismo al lato di una strategia concretamente neo-imperialista. Oggi il Mediterraneo è turco e cinese, molto meno americano, e l’Italia senza il Mediterraneo può scandire la sua ultima ora. Il Mediterraneo per noi è vita, respiro. L’Italia fascista dovette strategicamente de-francesizzare e de-britannizzare il Mediterraneo, oltre che per fermare l’Internazionale Comunista, che dal 1935 si alleò agli imperialisti franco-britannici: ma adesso l’europeismo ci ha messo nelle condizioni di prima del 1935!
In tal senso, se volessimo ripensare una strategia di sicurezza nazionale, dovrebbe pensarsi anzitutto in senso anti-europea, dove Roma venga posta sullo stesso piano della Turchia, radicalizzando un nuovo nazionalismo marittimo quale universalismo mediterraneo. L’Universalismo mediterraneo può essere portato avanti dall’Italia agganciandosi strategicamente, politicamente, militarmente ed economicamente a una potenza anti-egemonista in ascesa mondiale quale è l’India del nazionalismo integrale del Bjp; l’India è peraltro assai vicina all’Iran, ma non ha rapporti di sorta con la Turchia, e in questo senso una politica filo-indiana e di gradualistica liberazione dal giogo turco nel Mare Nostro sarebbe possibile se a Roma vi fosse una strategia nazionalista, non etnocratica, di buon respiro con una giusta dose di tatticismo politico.
Perciò la sopravvivenza italiana dipende dalla capacità oggettiva e tattica di affermazione strategica ed espansionistica controegemonica nel Medioceano, recuperando soprattutto la pedagogia spirituale e politica Mazziniana, troppo a lungo dimentica e calpestata dopo il 1945 dalle ideologie Internazionaliste egemoni: con i risultati che sono sotto i nostri occhi.