Di Alessandro Pini
Viviamo tempi duri quanto interessanti, anomali per la storia dell’umanità; il campo di battaglia sono le nostre menti, bombardate da un diluvio d’informazioni, immagini e rumore assordante. La Democrazia moderna sopravvive, come uno zombie, grazie a questo sistema già preconizzato da molti studiosi. In questo quadro ognuno di noi è un soldato in trincea, o ancora meglio, l’anarca jüngeriano che sfugge alla tecnica e si ritira per proteggersi dalle grinfie della società dello spettacolo.
Tuttavia, per fare questo, occorre in primo luogo rendersi conto del tempo presente – tutt’altro che scontato –, successivamente effettuare il famoso “passaggio al bosco”, inteso come ribellione verso la concezione materialistica della vita in favore di una rinascita spirituale e metafisica: linfa vitale assolutamente necessaria come la luce del sole per il regno vegetale.
Questa rinascita, questo passaggio, potrà avvenire soltanto se l’uomo tornerà a porsi le eterne Domande: chi sono, da dove vengo, dove vado, perché. “Nosce te ipsum” – conosci te stesso – era il monito scolpito sull’architrave del tempio di Delfi per
ricordare all’uomo la via per raggiungere il proprio Fine.
Sono molti gli uomini che hanno accolto questo invito lasciandoci pagine memorabili. A tal proposito, vorrei citare un testo del nostro Dino Buzzati che nel suo racconto Plenilunio ci ricorda di uscire di casa, abbandonare televisione, tablet, smartofoni e altre diavolerie del genere per alzare gli occhi al cielo e lasciarsi incantare dalla Luna, dal cielo, dal paesaggio intorno a noi che sempre ricorda e interroga il nostro vero io:
“Ancora una volta stasera il plenilunio ha illuminato il giardino e la nostra casa di campagna. Sono uscito in giardino col gesto di chi mette fuori il naso per vedere che tempo fa, come se non l’avessi saputo. E immediatamente al primo sguardo quella cosa fortissima, astrusa, estremamente personale, è calata qui dentro, nelle viscere. Perché questa bellezza senza rimedio, struggente trasfigurazione del mondo, poesia allo stato puro? Perché? Da dove viene? Dal silenzio? Dall’immobilità sepolcrale delle cose? Dalla particolare luminescenza che assumono gli oggetti, gli edifici, i paesaggi? Dalla sterminata pace? Non basta. Dal senso di Mistero? Forse dal senso di mistero o dalla presenza invisibile, inquieta, rassegnata, senza amarezza ne rampogne, dei nostri morti, di tutti quanti col mio stesso nome vissero in questa casa e l’amarono, e sprofondati nel nulla durante il giorno, ora, al richiamo dell’amica Luna, si infiorano dalle pietre e dalla terra, e si distendono sul prato dove anch’essi giocarono bambini? Come in tante altre notti del passato mi sarebbe piaciuto restare là a contemplarla per ore e ore. Allo stesso tempo avvertivo uno strano bisogno di fuggire, come vi fosse per me qualcosa di troppo difficile. Un rischio, un oscuro tormento. […] E soprattutto il granaio. Anche loro vecchissimi e stanchi; anche loro con un segreto gigantesco che finalmente, dopo un’intera vita io sia arrivato a capire, nel plenilunio che trasforma le povere parvenze del giorno in un paradiso in cui sarebbe bello naufragare per sempre, anche loro cercano di parlarmi. Ma che cosa vogliono dire? Soltanto rammentare i lontani giorni felici? Rivelare di questa terra gli enigmi che non sono mai riuscito a sapere? Spiegarmi la stupidità delle nostre paure? Insegnarmi il rimedio, chissà quanto semplice, per trovare la pace dell’animo? Sono lì, al limite di parlare, ma non ci riescono, e non possono fare di più. E neppure io posso far niente per oltrepassare la frontiera che ci divide.”
Sarebbe un bell’inizio chiederci con Buzzati e chiedere ai nostri bambini, ragazzi, uomini e vecchi: perché questa Bellezza?
Dalla Bellezza alla Verità, e da questa il vero Senso della vita: soltanto così possiamo radicarci per impedire alle potenze del mondo di sradicarci e renderci massa amorfa, maiali da allevamento, esercito di stupidi Uruk-hai al servizio del Saruman di turno.
“La nuova libertà è quella antica, assoluta, che riappare nella veste del tempo; farla trionfare sempre, eludendo le astuzie dello spirito del tempo: questo è il senso del mondo storico.” (E. Jünger)