Ulisse approda, infine, sulle coste rocciose di Itaca.
Fa fatica a riconoscere la terra che venti anni prima aveva lasciato per combattere al fianco di Agamennone e Menelao contro i troiani. Lì dove aveva lasciato una terra fiorente trova un paesaggio desolato, sassoso e arido, che gli fa presagire un ritorno tormentato. È già a conoscenza del fatto che alcuni pretendenti si siano insediati nel suo palazzo e pressano sua moglie Penelope affinché si risposi. Decide, pertanto, di indossare i panni di un mendicante per verificare le circostanze in cui versa il regno senza rivelare la propria identità. Tanti, troppi, i turbamenti che affliggono l’animo e la mente dell’eroe reduce da Troia: dal rimpianto di non aver visto crescere il figlio Telemaco alle preoccupazioni circa lo stato delle sue proprietà; ma, primo tra tutti, il timore che Penelope, dopo anni di fedeltà, abbia ceduto alle insistenze dei Proci offrendo il proprio letto e il regno al più tenace dei principi usurpatori. Per tale motivo decide di rivelarsi, strategicamente, soltanto a Telemaco e alla vecchia nutrice Euriclea.
Nella prospettiva del flusso di pensieri di Penelope, l’autore immagina che la regina riconosca sin da subito il suo sposo ma, ferita dalla mancanza di fiducia nei suoi confronti, decida di non cedere ai propri sentimenti, assecondando la farsa del travestimento di Ulisse e portandolo a dubitare di se stesso. L’introspezione di Penelope si presenta come un tributo al suo ruolo – offuscato dalla grandezza di Ulisse – di donna devota e salda nella sua fedeltà al marito lontano: Malerba le offre l’occasione di rivendicare i supplizi della lunga solitudine, delle necessità di una donna giovane e nel pieno della sua bellezza, privata del compagno a causa di una guerra che, tra l’altro, biasima. Ne vien fuori una figura di donna a tutto tondo, libera degli stereotipi classici della uxor devota e che si mostra in tutta la sua umanità, tra debolezze carnali e un intelletto acuto troppo spesso sottaciuto nei ritratti delle figure femminili.
Il romanzo alterna le riflessioni di Ulisse parallelamente a quelle di Penelope, in un racconto che, seppure frutto dell’immaginazione dell’autore, propone al lettore un profilo verosimile dei pensieri, delle paure e dei dubbi dei due protagonisti, interpretando quali potessero essere stati i loro sentimenti e stati d’animo, in maniera quasi sempre conforme alla narrazione dell’Odissea.
Luigi Bonardi, in arte Luigi Malerba, neoavanguardista del Gruppo 63, è stato tra gli autori più importanti del panorama della letteratura italiana del secondo Novecento. Autore, tra gli altri titoli, di La scoperta dell’alfabeto (1963), Il serpente (1966), Salto mortale (1968), Malerba è ricordato per il suo sperimentalismo linguistico e per la contraddittorietà dei suoi personaggi, che esigono una lettura critica e vigile da parte dei lettori.
Itaca per sempre, pubblicato da Mondadori nel 1997, è uno degli ultimi romanzi dell’autore e tra i più amati.