Eleuteria alla Cappella Sansevero
Eleuteria alla Cappella Sansevero

Eleuteria alla Cappella Sansevero


Nel cuore di Napoli sorge una chiesetta tanto piccola quanto ricca di meraviglie: è la Cappella Sansevero, mausoleo dell’omonima famiglia principesca.

Fu Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero vissuto nel XVIII secolo, alchimista, esoterista, inventore, massone e chi più ne ha più ne metta, a commissionare ad alcuni dei maggiori artisti della sua epoca le più significative opere ospitate oggi al suo interno. Tra tutte spicca il Cristo velato, posto al centro della cappella e opera di Giuseppe Sanmartino. Il Cristo giace su un materasso, coperto da un velo, con ai piedi la corona di spine, una tenaglia e i chiodi, simboli del suo supplizio. Il tutto è ricavato dallo stesso blocco di marmo. La perfezione di questo capolavoro è tale da indurre Eleuteria a tentare di sollevare con due dita quel velo che ricopre il corpo del Cristo, tanto sembra impalpabile, vero, non di marmo. Il suo stupore è lo stesso suscitato nei secoli su tante persone da quel velo “fatto con tanta arte da lasciare stupiti i più abili osservatori”, per usare le parole dello stesso di Sangro. Nonostante infatti lettere di pugno dello stesso principe non lascino adito a dubbi sul fatto che il velo sia stato realizzato dallo stesso blocco della statua, l’alea di mistero che gravita intorno alla sua figura di alchimista ha dato corpo alla leggenda secondo cui egli stesso avrebbe insegnato allo scultore come calcificare il tessuto in cristalli di marmo. Per secoli il velo venne così ritenuto erroneamente esito di una “marmorizzazione” alchemica effettuata dal principe, il quale avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio velo, marmorizzatosi nel tempo attraverso un processo chimico.

Nonostante sia il Cristo velato ad attrarre visitatori nella cappella, Eleuteria viene colpita quasi allo stesso modo da un altro capolavoro presente al suo interno: si tratta del Disinganno, gruppo marmoreo scolpito da Francesco Queirolo. L’opera è dedicata ad Antonio di Sangro, padre del principe Raimondo, e raffigura un uomo che si libera da una rete, simboleggiante il peccato da cui era oppresso: in seguito alla morte della giovane moglie, il duca Antonio condusse infatti una vita disordinata e dedita ai vizi, da cui si riscatterà soltanto una volta anziano, quando tornerà ad abbracciare la vera fede. Ed è proprio la rete che avvolge il peccatore, scolpita nel marmo sì, ma così perfetta da sembrare di corda, a lasciare Eleuteria ancora una volta a bocca aperta. Lo storico Giangiuseppe Origlia nella sua Istoria dello studio di Napoli afferma che il Disinganno è, come iconografia, “tutta d’invenzione del Principe, e nel suo genere totalmente nuova”. In essa è possibile ritrovare anche riferimenti alla massoneria, come il fatto che durante le iniziazioni per entrare nella loggia gli aspiranti erano inizialmente bendati e solo in seguito era loro permesso di aprire gli occhi e comprendere così la verità.

Scultura altrettanto notevole è la Pudicizia, realizzata da Antonio Corradini e dedicata a Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, madre di Raimondo di Sangro, morta meno di un anno dopo la nascita del figlio. La scultura raffigura una donna completamente coperta da un velo semitrasparente, che ne lascia intravedere le forme e in particolare i tratti del viso. La composizione è carica di significati. La figura appoggia il braccio sinistro su una lapide spezzata, il suo sguardo è perso nel vuoto e ai suoi piedi nasce l’albero della vita: tutto simboleggia la morte prematura della principessa Cecilia. Con tutta probabilità la statua è anche un’allegoria della sapienza, con un riferimento alla velata Iside, dea egizia della fertilità e della scienza iniziatica. Va infatti ricordato che il Corradini, oltre ad aver collaborato con Raimondo di Sangro all’ideazione del significato iconografico della cappella, era a sua volta affiliato alla massoneria e doveva quindi essere bene a conoscenza della simbologia delle opere a cui lavorò.

Subito fuori dalla cappella vi sono altre due chicche in grado di stuzzicare la curiosità di Eleuteria. Ricordate la sua passione per il macabro, vero? (https://www.associazioneaurora.org/2018/12/23/eleuteria-al-cimitero-degli-inglesi/) Bene, nella cavea della cappella si trovano le cosiddette macchine anatomiche. Si tratta di due scheletri, quello di un uomo e quello di una donna, posti in posizione eretta. Sugli scheletri scarnificati viene riprodotto l’intero sistema circolatorio. La realizzazione dei modelli fu commissionata da Raimondo di Sangro all’anatomista palermitano Giuseppe Salerno, intorno al 1763. In origine la cavea ospitava anche un feto con tanto di placenta, rubato all’inizio del XX secolo.

L’eccezionale realizzazione del sistema circolatorio dei modelli lascia Eleuteria nuovamente di stucco, tanto da portarla a pensare che gli apparati circolatori siano autentici e siano stati salvaguardati grazie a qualche strano procedimento chimico. Anche questa volta lo stupore di Eleuteria è lo stesso provato nel corso dei secoli da tanti visitatori, stupore che ha portato ad alimentare la credenza popolare secondo cui le due macchine sarebbero il risultato di esperimenti alchemici condotti dal principe di Sansevero su due servi ancora in vita, nei cui corpi avrebbe iniettato una sostanza di sua invenzione, probabilmente a base di mercurio, che avrebbe trasformato il sangue in metallo e così salvaguardato il circuito sanguigno. Recenti studi hanno dimostrato non solo che il principe acquistò i corpi già pronti dal Salerno, ma soprattutto che, nonostante gli scheletri siano effettivamente umani, i sistemi circolatori sono completamente artificiali e costituiti da filo metallico, cera colorata e fibre di seta con tecniche artigianali comunemente utilizzate dagli studiosi di anatomia dell’epoca. In più vi sarebbero alcuni piccoli errori nella riproduzione del circuito sanguigno e nessuna persona sarebbe stata in grado di vivere se avesse presentato tali malformazioni fisiche.

Al di là delle fantasie popolari, scopo del principe, oltre a quello di stupire gli osservatori, era di costituire un ausilio didattico per chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza dell’apparato circolatorio umano.

E ancora oggi, a distanza di secoli, le macchine anatomiche e i gruppi scultorei presenti nella Cappella Sansevero sono in grado di lasciare a bocca aperta i visitatori, eterni testimoni della genialità delle intuizioni del principe.