Di Giulio Moscatelli (Frontiere)
Il Manifesto del Progetto Aurora è sicuramente qualcosa di nuovo nel panorama politico-culturale dei nostri giorni, sa di fresco; e questo gli va senz’altro riconosciuto.
La sua nota peculiare – almeno a noi così sembra – è il suo sincero appello all’azione, ad esserci, a testimoniare; e proprio il suo richiamo all’attivismo lo espone – di fronte al giudizio del pensiero dominante – a feroci critiche: irrazionalismo, movimentismo, financo agonismo di ascendenza fascistoide. Ma se contestualizziamo tale slancio nel panorama della generale, per così dire, paralisi da divano e degli illusori interventi da tastiera da cui al massimo possono scaturire risse da tifosi o flash-mob da influencer modaioli (conflitti quanto mai orizzontali del tipo vegani/carnivori e simili), l’appello di Aurora appare comprensibilmente stigmatizzato proprio in quanto minaccioso verso l’ipnotica immobilità da palude limacciosa che ormai irretisce le coscienze: “Maestà, il popolo ha fame. Ebbene, dategli dei social”.
Sarebbe invece ingeneroso ridurre a questo il Manifesto del Progetto Aurora; non pochi sono gli spunti e le osservazioni di rilievo ivi generate: il focus sulla patria-nazione, il comunitarismo, l’idea come sintesi di elaborazione e applicazione, la riflessione sulla parabola della democrazia, il sacro opposto alla logica capitalista e la rivalutazione – preziosa, necessaria! – del concetto del limite.
Ma, oltre a ciò, di particolare rilievo ci sembra la denuncia a rompere i ricatti: “Questa relazione sociale prende le forme del ricatto in quanto le persone si trovano bloccate in un sistema che concede dei mezzi per sopravvivere, non per vivere. Queste sono concessioni: vengono elargite da un potere superiore a cui bisogna essere però dipendenti e riconoscenti.” (p.101) Il passo a noi sembra una autentica lezione di realismo politico, tanto più necessaria per rispondere alle fughe in avanti e ai facili slogan – questi sì – movimentisti: il nemico ha un consenso oggettivo e una base sociale solida che non deve lasciare adito a illusioni.
Quella di “ricatto” è davvero una formula centrata e icastica per definire i metodi di governo di un’epoca intera.
Così come coraggioso ed esplicito ci appare l’invito al riscatto dalle ideologie decadenti (le varie scuole di pensiero debole) pervasive di ogni mente arresa e sdilinquita destinata all’unico esito che l’attende: il nichilismo. Grandi burattinai dalle mire occhiute declinano il tutto – uomini e opinioni – nell’ideologia della debolezza per antonomasia, il vittimismo. Arma e nemico facili da smascherare: AURORA coglie nel segno.
“Rododactylos Eòs” chiama Omero l’Aurora: “dalle dita di rose”.
Gli uomini che ad essa guardano riusciranno a vedere il giorno?