La Redazione
Continuando a occuparci del ballottaggio francese della scorsa settimana, come abbiamo fatto ieri, riteniamo opportuno riprendere questo importantissimo pezzo di Houllebecq uscito nel Corriere della Sera dell’8 luglio 2024. Riteniamo infatti che i saggi ed i pensieri di un Houllebecq e di un Lasch diano gli orizzonti più pratici e le prospettive più realistiche per comprendere la dimensione intima dell’occidente contemporaneo.
Se dalla Rivoluzione francese in avanti le élite egemoni occidentali si spaccarono e combatterono tra di loro per la conquista di nuovi spazi finanziari, economici, politici, territoriali, con la recente globalizzazione abbiamo assistito a un importante fenomeno; la nuova rivoluzione permanente delle élite (ben intuita con anni d’anticipo da Lasch) per la quale il nemico principale da annientare diveniva quella classe media piccolo-proprietaria o piccolo-borghese ritenuta tecnologicamente arretrata, politicamente fascista o controrivoluzionaria, poco aperta nella morale sessuale, reazionaria nei gusti culturali. Quando arrivò Trump, nel 2016, non a caso dato inizialmente come fenomeno passeggero destinato a smorzarsi da tutte le cancelliere mondiali, a iniziare da quella russa, il peso di questa sociologicamente vagheggiata controrivoluzione populista di destra iniziò a crescere in modo esponziale e smisurato. A differenza del fascismo, con il quale viene quotidianamente paragonato, il populismo di destra non mostrava però politicamente quel realismo tattico capace di scardinare e spaccare dall’interno il mondo dell’élite, arrivando al rimescolamento del quadro osmotico della mancata interazione tra élite e società civile.
I modelli dell’élite, divulgati quotidianamente dalle più influenti agenzie dei media e dei social, rimanevano e rimangono quelli della sinistra radicale globalista nel disprezzo di quei valori eroici, gerarchici, virili, tradizionali che caratterizzano l’impulso di fondo di questa controrivoluzione populista neo-occidentale. Una possibile interazione tra una nuova élite e la società civile si potrà avere, a questo punto, nel caso un leader populista di destra occidentale guidi un conflitto interno o internazionale contro la rivoluzione permanente delle élite in cui militari e maggioranza del popolo si riconoscano attivamente. In questo senso il saggio di Houllebecq è ancor più utile, in quanto permette di comprendere come il più grande leader della Rivoluzione e delle élite rivoluzionarie anglofile postmoderniste oggi presente al mondo, Macron, abbia sciolto l’Assemblea il 9 giugno proprio perché ha definitivamente compreso che lo spirito del tempo, a differenza del ‘900, lavora questa volta dalla parte del populismo di destra.
Il suo tentativo di ingabbiare i populisti di destra francesi dentro la prigione del potere amministrativo formale non sarebbe però riuscito e l’estremismo di sinistra uscito vincitore e rientrato in scena come radicalizzazione a sinistra del medesimo ceppo liberale e élitista macroniano potrebbe proprio fare, secondo Houllebecq, proprio il gioco del populismo occidentale, che si misura con il metro della guerra civile ideologica mondiale e non della battaglia elettorale. Al riguardo, assai significative anche le dichiarazioni del polacco Tusk che legge il risultato del ballottaggio francese come una momentanea battuta d’arresto dell’esercito dell’autocrazia controrivoluzionaria russa e un momentaneo sospiro di sollievo dell’esercito rivoluzionario e “arcobaleno” di Kiev.
M. Houellebecq: «Sdentati, miserabili… Le élite al potere disprezzano il popolo (non solo in Francia)»
Di Michel Houellebecq
L’intervento dell’autore di «Annientare»: «Questo voto è più che mai un voto di classe»
All’inizio sono rimasto stupefatto, come tutti, da queste elezioni anticipate che mi sembravano irrazionali e suicide. Poi ho ricevuto l’email di un lettore che aggiungeva in allegato due pagine di Annientare (l’ultimo romanzo di Houellebecq, pubblicato dalla Nave di Teseo, di cui riproduciamo un passaggio, ndr): Bruno (il protagonista calcato sul vero ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ndr) non era un cinico; non era nemmeno uno stupido, tutt’altro, e cominciava a interrogarsi sulle motivazioni profonde del presidente.
«Favorendo la candidatura di un mediocre come Sarfati, non aveva voluto agevolare la vittoria del Rassemblement national? Appena salito al potere, aveva probabilmente ipotizzato il presidente, il Rassemblement national avrebbe provocato dei veri disastri, il tracollo economico e sociale sarebbe stato immediato, e non ci sarebbe voluto molto prima che il popolo invocasse il suo ritorno, la sua rielezione tra cinque anni sarebbe stata assicurata, forse si sarebbero verificati addirittura dei fatti gravi, fuori dal quadro della legalità repubblicana, e non avrebbe avuto nemmeno bisogno di aspettare cinque anni. Il presidente aveva una mente abbastanza contorta da aver immaginato un simile scenario? Bruno sembrava pensarla così».
Piano perverso
In effetti, non è impossibile che Emmanuel Macron abbia concepito questo piano perverso. Ma al momento i suoi subordinati immediati, e in particolare il primo ministro (Gabriel Attal, ndr) fanno di tutto per sabotarlo ricostituendo un «fronte repubblicano» sempre più improbabile, destinato a sparire all’indomani del secondo turno. Al punto in cui siamo arrivati, si tratta davvero di «tutti i partiti contro il Rassemblement national». Che io sappia, è rimasto solo Lutte ouvrière a non essersi associato a questa trovata. La parola di «sotto-cittadini» usata da Jordan Bardella è comunque esagerata; sarebbe più opportuno ricorrere a una vecchia definizione, i pezzenti. È così che le élite considerano il popolo, in particolare quello rurale: come dei pezzenti. Con qualche variante interessante. Gli «sdentati» (François Hollande), i «miserabili» (Hillary Clinton). Insomma, il voto è, più che mai, un voto di classe.
L’arroganza auto-soddisfatta delle élite francesi, che siano economiche o culturali, raggiunge livelli inauditi; ma questa divisione dei cittadini in due blocchi antagonisti si ritrova in termini comparabili in tutti i Paesi europei, e anche negli Stati Uniti, l’opposizione geografica e sociologica è davvero la stessa. Del resto, è un americano, Christopher Lasch, ad avere prodotto la migliore analisi del fenomeno, attraverso tutti i suoi libri. L’ultimo, La rivolta delle élite e il tradimento della democrazia, è particolarmente esplicito al riguardo.