Di Giuliano Maranga
Lo scorso mese avevamo già inquadrato le precedenti elezioni europee in relazione al conflitto globale in corso tra l’autocrazia controrivoluzionaria russa e l’occidente gender e democratico, guidato in questa fase dai democratici americani e dalle varie fazioni della sinistra internazionale. Le stesse elezioni francesi sulla composizione dell’Assemblea legislativa vanno viste in questa prospettiva. Cosa dice il programma di politica internazionale della sinistra antifascista francese proprio riguardo alla guerra tra Ucraina e Russia?
“Sconfiggere la guerra imperialista di aggressione di Vladimir Putin e rispondere dei suoi crimini davanti alla giustizia internazionale: difendere incrollabilmente la sovranità e la libertà dell’Ucraina, nonché l’integrità dei suoi confini storici, attraverso la consegna delle armi necessarie, la cancellazione del debito estero, il sequestro dei beni degli oligarchi che contribuiscono allo sforzo bellico russo”.
Di conseguenza, la posizione strategica della sinistra antifascista francese, sul nodo centrale dei tempi storici odierni, è di fatto molto vicina a quella del cosiddetto centrismo macroniano e probabilmente in questa ottica geopolitica possiamo leggere la strategia della desistenza antifascista tra la sinistra radicale e i macronisti. Sostegno su tutta la linea a quello che proprio molti esponenti della destra francese del RN considerano lo Stato “neonazista” ucraino di Kiev e Zelensky, soffiando pericolosamente sul fuoco della Terza Guerra Mondiale. Significativa, di contro, la dichiarazione di Marine Le Pen, due giorni prima del secondo ballottaggio, contro l’uso di armi francesi in territorio russo e significative le dichiarazioni del Ministro russo Lavrov circa l’essenza antidemocratica e antipopolare della V Repubblica francese; peraltro dichiarazioni molto simili, quelle di Le Pen, a quelle già rilasciate dal Ministro Crosetto circa un mese fa, prima del misterioso guasto all’aereo che lo riportava a Roma da un vertice NATO dove si era battuto proprio contro la linea della guerra mondiale totale a Mosca, sponsorizzata da Macron e da frazioni anglosassoni e Dems.
Oggi il fronte che dovrebbe guidare la Francia, riedizione con anni di ritardo del blocco giallorosso italiano che avviò la stagione del Conte II, è la somma della sinistra riunita attorno a Jean-Luc Mélenchon, un vecchio militante rivoluzionario proveniente dall’OCI (Organisation Communiste Internationaliste; movimento internazionalista e trockista guidato da Pierre Lambert) che fondò nel 2008 il Partito di Sinistra e nel 2016 La France Insoumise. Nel medesimo fronte regna certamente un po’ di confusione, se il filoisraeliano Raphael Glucksmann, leader del Partito Socialista ed esponente di punta del blocco di sinistra antifascista, era accusato sino a pochi giorni fa dai seguaci di Mélenchon, come ad esempio dalla palestinese Rima Hassan, di essere complice “del regime sterminazionista e genocida israeliano di Netanyahu”.
Il leader del Nuovo Fronte Popolare è sicuramente il vincitore di questa nuova fase tattica dentro il più ampio e decisivo movimento strategico del già considerato conflitto tra autocrazia russa e “democraticismo” rivoluzionario occidentalista; Mélenchon ha indubbiamente capito che il populismo controrivoluzionario e anti-globalista di destra, bollato da lui vecchio trockista tout court come una nuova forma dell’eterno fascismo piccolo-borghese e proprietario, può essere messo in difficoltà non con le vecchie e astratte categorie della sinistra radicale novecentesca ma con un populismo internazionalista di sinistra radicale, alleato di movimento globale gender e di liberali e centristi che debbono però essere funzionali alla causa del nuovo internazionalismo neo-trockista.
La novità del Nuovo Fronte Popolare francese, rispetto al blocco giallorosso italiano, è chiaramente rappresentata dalle mobilitazioni popolari “antifasciste” di questi giorni, il cui carattere violento non viene quasi mai sottolineato dalla stampa egemone. Ciò che ora attende la sinistra antifascista è però la fase più difficile; la capitalizzazione politica strategica di questa mobilitazione a tutti gli effetti pre-rivoluzionaria, godendo del vento favorevole della stampa e delle potenti lobby globaliste. Se d’altra parte, il RN lepenista, dopo l’exploit di una settimana fa, ha stranamente corso per perdere in questa ultima settimana, agitando problemi irreali e rappresentazioni estranee al contesto sociale francese degli ultimi anni (sarebbe forse bastato impostare gli ultimi giorni di lotta politica sulla dinamica sociale della difesa strategica della piccola e media proprietà agricola e commerciale piuttosto che tirare continuamente in ballo gli ebrei o sionisti, dei quali ai francesi non sembra interessare molto), forse bruciato sul tempo dal progetto di pace di Viktor Orban, ben più legato a Trump di quanto lo possa essere la destra francese, Mélenchon, se ci basiamo sul primo comizio post-elettorale, mostra di voler giustamente puntare molto in alto, probabilmente alla presidenza e di aver proposto la strategia della desistenza semplicemente in funzione tattica. In tal senso, se il Nuovo Fronte Popolare sarà in grado di radicalizzare il suo populismo internazionalista, alter-globalista e neo-trockista emarginando o inglobando le componenti centriste o neo-liberali, la nuova via antifascista avrà finalmente un senso politico e qualitativo di peso; altrimenti anche il neo-frontismo francese sarà solo un danno collaterale del populismo e verrà inghiottito dalla forza storicamente più realista e inevitabilmente egemone sulla lunga durata, quella del “populismo di destra”.