Una dedica solstiziale a tutti e a sé stessi
Di Yuri Di Benedetto
«Ma guardi, queste storie non hanno mai finito di procedere» diceva Roberto Calasso, che sapeva fin troppo bene quale bisogno ancestrale è insito dentro ognuno di noi: quello di dare un senso alla propria esistenza. Tensione, questa, che ci porta nel giorno del solstizio d’inverno dell’anno 2023 a continuare ad interrogarci e a metterci in discussione.
Ma forse mai come oggi, in un momento storico come il nostro, una giornata come questa dovrebbe essere presa con molta attenzione e con un particolare raccoglimento. Con totale sincretismo – senza paura di scadere in nessuna disputa teologica o religiosa, da contemporanei quali siamo – non possiamo che utilizzare tutto quello che ci è a disposizione per cercare di balbettare una confessione, una dichiarazione, un sentimento.
Evola sosteneva che «nel simbolismo primordiale il segno del sole come “Vita”, “Luce delle Terre”, è anche il segno dell’Uomo. E come nel suo corso annuale il sole muore e rinasce, così anche l’Uomo ha il suo “anno”, muore e risorge». Quanti in questo periodo si sentono morire? Presi da spirali devastanti di debolezze, vizi, abitudini, quanti mentono a sé stessi ogni giorno per illudersi di non essere quello che invece questo mondo senza più altezze ci ha ridotto? I più splendenti tra noi non vivono in mezzo al lusso e al marmo, ma sprofondano nel fango della vita di tutti i giorni.
Certamente non è una colpa unidirezionale, o soggettiva, anzi; la mente vacilla quando proviamo ad immaginare tutto il tempo, il denaro e l’energia che hanno investito per rendere noi uomini occidentali deboli e pieni di vergogna. Ogni giorno, da tempo, cercano disperatamente di proteggere questo investimento, questo assoggettamento delle anime.
Ma non prevarranno, perché il senso profondo di questo giorno è quello di non perdere né il coraggio, né la speranza. Oggi, il futuro appartiene a coloro che resistono con successo al proprio addomesticamento.
Non prendiamoci però in giro. Non farsi addomesticare non vuol dire lasciarsi andare, per quanto sia cosa comune. Comprendere è la chiave: comprendere e non negare.
Perciò la solitudine, in questi periodi, è benefica per un uomo. Non disprezziamola.
C’è valore nella santità di un momento tranquillo per riflettere sulle debolezze, per consolidare le aspirazioni e per rafforzare la mente.
Ovviamente, è normale tendere anche verso una certa tristezza che l’introspezione generalmente produce; ma White faceva dire al suo Merlino queste parole:
«“La cosa migliore da fare quando si è tristi”, replicò Merlino, cominciando a soffiare e sbuffare, “è imparare qualcosa. È l’unica cosa che non fallisce mai. Puoi essere invecchiato, con il tuo corpo tremolante e indebolito, puoi passare notti insonni ad ascoltare la malattia che prende le tue vene, puoi perdere il tuo solo amore, puoi vedere il mondo attorno a te devastato da lunatici maligni, o sapere che il tuo onore è calpestato nelle fogne delle menti più vili. C’è solo una cosa che tu possa fare per questo: imparare. Impara perché il mondo si muove, e cosa lo muove. Questa è l’unica cosa di cui la mente non si stancherà mai, non si alienerà mai, non ne sarà mai torturata, né spaventata o intimidita, né sognerà mai di pentirsene. Imparare è l’unica cosa per te. Guarda quante cose ci sono da imparare”»
Ed è in virtù del rinnovamento continuo che producono i cicli naturali dell’universo, del mondo, delle stagioni, degli uomini e delle loro cose, che ci sentiamo in vena di una piccola ed intima confessione che vogliamo dedicare a noi stessi, e conseguentemente a tutte le persone con cui abbiamo avuto a che fare, nel bene e nel male, fino ad oggi:
«Perdona il tuo passato,
non sapevi le cose
che sai oggi»
Quanta e quale forza tranquilla donano queste parole? Perché avere una visione solare non vuol dire cedere ad una concezione moralizzante e moralizzatrice, bensì accettare il fluire della vita e sublimarla migliorando. Ogni giro che la Terra compie nel cosmo infinito permette di metterci alla prova: e quale benedizione può esserci a volte nel toccare il fondo? Quale posizione migliore per dimostrare che si è più forti di quanto si creda?
Perché o ci rendiamo infelici, o ci rendiamo forti. La quantità di lavoro è la stessa.
Ma badate; si è forti se si riesce a portare la vita in un mondo dove non c’è più senso, verità, scopo, legge, giustizia, bellezza e, allo stesso tempo, senza perdere la voglia di vivere. Quindi stanotte, quando questo vecchio e stanco sole calerà, accendete un fuoco. Perché, nell’oscurità più profonda, è meglio accendere un fuoco piuttosto che rimanere nel buio. Anche questa notte passerà: attenderemo l’Aurora con la certezza di trovarci tutti a combattere sotto una nuova luce.
Finalmente rinati, finalmente liberi.
Le tenebre non vinceranno mai.
Buon solstizio a tutti noi e rendiamoci forti e degni delle battaglie che la nostra vita è chiamata ad affrontare.