di Alice von Tannenberg
Fin dall’alba dei tempi, l’uomo si è sempre avvalso della sua capacità di raccontare storie. Che fossero miti, leggende, racconti di gesta o aneddoti, il potere del racconto è noto da molto prima dell’avvento della scrittura: storie tramandate oralmente sono riuscite a sopravvivere per generazioni ed entrare a far parte del patrimonio culturale, trasformandosi e arricchendosi sempre di nuovi particolari, per essere poi solo successivamente immortalate dalla parola scritta. Anche senza chiamare in causa la scrittura, narrazioni articolate si ritrovano nei graffiti preistorici, nei bassorilievi romani, nei geroglifici egizi, nei vasi greci, nei mosaici bizantini, nelle miniature medievali, nell’arte pittorica dal Rinascimento in poi. E poi nel teatro, nel cinema, nella musica.
La funzione del racconto (che avesse forma parlata, scritta, figurata, non fa differenza) non è mai stata soltanto quello di intrattenere, ma anche quella di fornire insegnamenti, esempi, parlare ai singoli individui ma anche cementare il senso di appartenenza, la consapevolezza di un’identità accomunata dagli stessi modelli. Questa era la funzione dei miti tramandati dalle popolazioni antiche, ma anche delle saghe medievali e delle prime correnti letterarie o artistiche, depositarie e al tempo stesso plasmatrici dello spirito del tempo.
Certo, col tempo l’arte ha in parte perso il suo carattere “collettivo” e ha assunto sempre più il carattere di un’opera autentica, legata al suo autore. Ma anche oggi, l’arte continua ad attingere e prendere spunto dal patrimonio culturale collettivo, anche quando prende una connotazione più intimistica. La scintilla individuale, il genio creativo, è ciò che plasma il materiale universalmente accessibile per trasformarlo in qualcosa di unico ma condivisibile: è la funzione comunicativa dell’arte.
La capacità di raccontare storie fa parte del DNA dell’uomo, se così si può dire, ed è legata indissolubilmente alla sua consapevolezza di far parte di qualcosa di più grande di lui. Le saghe e i miti hanno contribuito a svelare le origini della civiltà, ma hanno anche influenzato i suoi sviluppi in un tempo storico, consolidandone l’identità. E la successiva arte d’autore ha arricchito questo patrimonio di ulteriori sfumature. Non saremmo qui se non sapessimo da dove veniamo e cosa ci ha condotti fino a questo punto.
L’arte di raccontare storie ha sempre avuto un valore sacro (non necessariamente nel senso religioso del termine) e universale, sia che parlasse delle origini del mondo, sia che si rivolgesse all’intimo dell’uomo. Questo perché essa in sé ha sia il potere di descrivere e interpretare la realtà, sia quello di esplorare i regni dell’inconscio collettivo.
E forse è ancora così, ma questa consapevolezza si è persa col tempo. Viviamo in un’epoca dominata dalla tecnica, come avrebbe detto Ernst Jünger, dove anche l’arte di raccontare storie stessa è assoggettata alle sue leggi. Non si tratta soltanto di una “desacralizzazione” quanto anche di uno “svilimento”, della pretesa di voler declinare in chiave materialista ciò che per sua natura apparterrebbe ai reami dello spirito (inteso come insieme di facoltà intangibili dell’intelletto, come la fantasia, l’interiorità, la logica, il ragionamento astratto, e ovviamente anche la spiritualità in senso stretto).
Tra la letteratura intesa come “mero intrattenimento” e la letteratura “in grado di intrattenere” la differenza è sottile ma sostanziale. Bollare qualcosa come “mero intrattenimento” significa svilirlo, svuotarlo del suo significato e della sua reale funzione, ridurlo a un prodotto usa e getta, pronto per essere messo da parte in attesa del prossimo di una lunga serie. L’arte “in grado di intrattenere” invece conserva il suo significato; è capace sia di provocare piacere in chi la legge, sia di lasciare qualcosa di più duraturo. Questo non significa dover prediligere l’arte tragica su quella comica; perfino gli antichi riconoscevano l’importanza di entrambe. Significa soltanto ritrovare nell’arte una dimensione spirituale di arricchimento e catarsi, senza rinunciare all’intrattenimento (altro suo aspetto fondante). Che sia per comprendere il mondo o per conoscere se stessi più a fondo, non fa differenza: l’arte è uno strumento potentissimo, dotato del potere di cambiare il mondo e la Storia. Basta solo riconoscerglielo.
Quindi, da amanti dell’arte: non accontentatevi della superficie! Scavate a fondo, siate avidi, curiosi, non lasciatevi intimorire da preconcetti o pigrizia mentale. Siate disposti a mettere in discussione le vostre certezze, lasciate che l’arte vi parli al cuore e all’anima.
E da artisti, siate audaci! Sfidate le convenzioni, siate pionieri, ribelli, spremete la vita e il mondo fino alla loro essenza, abbiate il coraggio di osare! Non siate passivi e imbelli, anelate all’immortalità!