Il regista Andrea Baracco incanta il Teatro Morlacchi di Perugia con l’adattamento teatrale di Guerra e pace.
È andato in scena a Perugia l’ultimo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, adattamento del regista romano dei primi due libri dell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj (tradotto egregiamente da Letizia Russo).
La grandezza del romanzo è indubbia, tantoché il regista sembra non accontentarsi del classico spazio scenico: così il palco viene esteso ben oltre il limite imposto e s’impadronisce dell’intera platea. “Il palcoscenico non riesce proprio a contenere tanta maestosità, tanta volontà di grandezza” spiega Andrea Baracco “e allora via tutto, via le quinte, via la platea”.
Gli attori salgono e scendono dal palco e l’intera sala diventa il centro della scena: attraverso una scenografia essenziale, lo spazio scenico ha la capacità di diventare il campo di battaglia di Austerlitz e, con la stessa facilità immaginativa, una lussuosissima sala da ballo in una serata mondana della San Pietroburgo dei primi anni del XIX secolo.
Il minimalismo scenografico viene però maestosamente colmato da un cast di prim’ordine. Tra gli attori – che gravitano intorno alla scena senza mai sfiorarsi – spiccano Stefano Fresi, che veste il ruolo centrale di Pierre Bezuchov, Dario Cantarelli, che interpreta sia Nikolaj Bolkonskij che Vassilij Kuragin, Emiliano Masala è Andrej Bolkonskij mentre la figlia d’arte Lucia Lavia, con un’interpretazione di altissimo livello, veste i panni di Natasha Rostov.
Sullo sfondo delle vicende e le passioni dei personaggi c’è la Storia (con la “s” maiuscola): lo scontro tra la tradizione, la Russia dell’ancién regime, ed il progresso, figlio dei nuovi ideali illuministici, sancito dall’arrivo in Russia di Napoleone e dal suo impetuoso ed inarrestabile cammino di morte (magistralmente messi in scena in uno dei momenti maggiormente simbolici, quello della battaglia di Austerlitz).
Questo incontro/scontro tra opposti (simboleggiato dal titolo dell’opera) è il fulcro dell’intero spettacolo. L’amore e l’odio sono le trame che s’intessono inesorabilmente nella vita coniugale di Andrej e Lise; “Guerra o diplomazia?” è una delle domande che si pone incessantemente Pierre nel corso dell’opera; onore o salvezza sono le sole alternative offerte ai soldati sul campo della grande disfatta Russa. Ma ogni termine è il presupposto attraverso il quale si fonda l’esistenza della rispettiva opposizione.
La condicio sine qua non della pace, naturalmente, deve essere la guerra: “senza l’esperienza vissuta degli opposti, non ci può essere l’esperienza della totalità.” (Ernst Jùnger)
Il processo di sintesi si fonda senz’altro sullo scontro e sul contrasto, ma ciò non può che generarne “l’armonia più bella” (Eraclito). E la dialettica degli opposti, la sottotrama dello spettacolo, rinnova l’animo dello spettatore sottoforma di catarsi liberatoria.
Ed il teatro, luogo prediletto della catarsi, non può che essere compiaciuto di questo grande spettacolo.