Sabato 27 Gennaio in occasione della giornata della memoria, presso la Libreria Aurora alle ore 18.00 presentazione del libro “La Battaglia di Cable street – La disfatta delle camicie nere inglesi e la nascita dell’antifascismo militante europeo.” Ed. Red Star Press – Hellnation Libri scritto da Silvio Antonini in arte Silvio della Tuscia. Nato a #Viterbo nel 1977, è laureato in Archivistica e ha curato la consulenza storica per numerosi documentari, mostre, pubblicazioni e spettacoli teatrali dedicati all’#antifascismo e alla #Resistenza. Tra le sue pubblicazioni, il libro “Faremo a fassela. Gli Arditi del Popolo e l’avvento del fascismo a Viterbo e nell’Alto Lazio” (2010)
Per questa occasione l’Autore del libro ha rilasciato una breve intervista per il nostro blog, buona lettura!
Come mai un libro su evento del genere?
A propormelo è stato lo stesso Cristiano Armati della Red star press, dopo che avevo scritto un articolo per commemorare l’80° anniversario dei fatti su “Il Pane e le rose”.
Cosa ti ha spinto ad interessarti a questo aspetto storico poco conosciuto nel nostro paese? Ha a che fare con la tua storia personale in qualche maniera?
La Battaglia di Cable street si inserisce nel quadro delle lotte popolari contro l’avanzata fascista in Europa. L’impulso ad approfondire è certo venuto dai lavori di Valerio Gentili, Antifa e Bastardi senza storia. Si intreccia indubbiamente con il mio percorso di studi sull’arditismo popolare e, in generale, sullo squadrismo proletario e il paramilitarismo antifascista, e vi si integra. Fenomeni nati, va da sé, nella culla del fascismo, cioè l’Italia, ma poi sviluppatisi altrove, nell’Europa Centrale e Occidentale, soprattutto in Germania, Francia, Belgio e, appunto, Gran Bretagna.
Come vedi la situazione attuale? Si può parlare di un pericolo neofascista? E cosa proponi a riguardo?
La cosiddetta deformazione professionale mi sconsiglia di parlare del presente con cognizione di causa. Diciamo che la situazione attuale la si vive e la si affronta secondo il proprio punto di vista e la propria coscienza. Il fascismo, senza dubbio, si ripropone in ogni epoca con diverse forme e diverse denominazioni. Noi stiamo ormai da decenni assistendo ad un’involuzione autoritaria, con lo smantellamento progressivo di quelle strutture create con fatica dal movimento operaio nel corso, possiamo ormai dire, dei secoli. Un’opera di svendita e di disarmo, sia materiale sia intellettuale, che ci fa trovare impreparati dinanzi alla massiccia offensiva della controparte. In merito alle mie proposte, volendo semplificare, c’è appunto l’esempio britannico dell’eredità di Cable street. Dopo quei fatti l’attivista comunista Phil Piratin, poi Deputato, capì che il fascismo nei quartieri degradati dell’Est londinese andava fronteggiato su molteplici versanti. Alla pur necessaria organizzazione squadristica, andava affiancato un costante intervento sul territorio, nella fattispecie sulle politiche del diritto all’abitare, su cui il fascismo faceva leva. A tal proposito, nel quartiere proletario di Stepney, nasceva la Lega di difesa degli inquilini, vicina al Pc, che otterrà diversi successi, facendo sì che molti affittuari strappassero le tessere della British union of fascists prese in precedenza. Un esempio che è stato poi ripreso nelle epoche successive e cha sempre tenuto ai margini la pur forte e minacciosa estrema destra d’Oltremanica.
Cosa ne pensi dello slogamento dei media mainstream nei confronti delle formazioni di estrema destra?
Anche questo è un fenomeno che ci riguarda ormai da decenni e in cui i dirigenti politici della “sinistra” hanno gravissime responsabilità: questo intendo quando parlo di disarmo. Penso sempre a quell’appello di 10 anni fa per il diritto a manifestare di Casapound proposto e firmato da giornalisti e intellettuali dell’entourage bertinottiano. Penso all’Operazione foibe, su cui ho lavorato molto, e a tanto altro. Le ospitate di Casapound in televisione sono il risultato di questo processo. Impensabili altrimenti i risultati elettorali di Ostia che, purtroppo, vedremo replicati altrove, penso.
La tua attività intellettuale è collegata con una militanza politica?
Al momento non propriamente, almeno non nei termini tradizionali dell’accezione, vale a dire con la tessera d’un partito in tasca. La militanza politica per me è, qui e adesso, l’intervento culturale, diciamo, con auspicabili ricadute materiali sulla realtà. Collaboro con le situazioni più disparate, magari con persone che hanno visioni politiche distanti dalle mie – pur mantenendo la pregiudiziale antifascista, è chiaro – ma con le quali si riesce con successo a stabilire un percorso.
A livello associativo mi sto impegnando con Patria socialista, con cui c’è una sostanziale identità di vedute e una vicinanza sotto tanti aspetti, con l’imminente apertura d’una sezione nella Tuscia e l’avvio del tesseramento. Poi ci sono tante realtà che guardo con interesse, e il giro di presentazioni di questo libro mi sta dando l’occasione per farmele conoscere direttamente. Esse rappresentano, senza automatismi o meccanicismi, una speranza e una prospettiva per affrontare la massiccia offensiva della controparte di cui sopra.
Penso infine, e non potrebbe essere altrimenti, alla stessa Libreria Aurora di Spoleto, in cui sono stato per la prima volta agli inizi di dicembre per l’esposizione di Leonardo Crudi in omaggio a Dziga Vertov e alle avanguardie sovietiche. Sono felice di tornarvi per la mia presentazione nella Giornata della memoria. Appuntamento a sabato 27 gennaio!